Venerdì 20 Dicembre 2024
BEPPE BONI
Editoriale e Commento

Sinwar braccato, l’ordine ad Hamas: "Attentati kamikaze"

Il capo dei miliziani (nascosto nei tunnel) invoca nuove stragi. L’ex capo degli 007 italiani: il terrorista ha rifiutato la fuga in Sudan.

Beppe Boni

Beppe Boni

Il ‘most wanted’, il più ricercato dal Mossad, Yahya Sinwar, leader di Hamas, è un irriducibile che continua a combattere, la grande caccia che Israele gli ha scatenato contro nella Gaza semidistrutta ha fiaccato in buona parte le sue milizie ma non lui, il leader che nessuno ha mai visto sorridere. Ai suoi uomini, dai 4 ai 6mila, ancora rintanati nei tunnel profondi sessanta metri nel ventre della terra ha impartito un ordine preciso: " Se mi prendono uccidete tutti gli ostaggi". Nei bunker rimangono dai 55 ai 61 uomini e donne prigionieri ancora in vita, gli altri sono morti per le ferite o uccisi.

Sono le ultime notizie che arrivano attraverso fonti dirette, ma non ufficiali, dall’inferno Gaza, mentre si allarga il fronte della guerra in Libano. Il ringhio di Sinwar è riportato anche dal Wall Street Journal, il quale, citando fonti dell’intelligence araba, afferma che la mente del 7 ottobre dai tunnel ha diramato anche un ordine perentorio ai guerriglieri sul campo e a quelli in sonno sparsi chissà dove: "È ora di rilanciare gli attentati suicidi".

In questi giorni anche i funzionari del Qatar impegnati nella mediazione dei colloqui con Hamas per il rilascio degli ostaggi confermano che Sinwar è vivo. Non si fa sentire direttamente, ma tiene i contatti attraverso messaggeri e comunica con carta e penna. Niente tecnologia, lascia tracce ed è troppo pericoloso.

E c’è una novità che riferisce attraverso proprie fonti Marco Mancini, ex capo del controspionaggio italiano con esperienza di lungo corso sul Medio Oriente, ora analista. "Con il semaforo verde degli americani i mediatori del Qatar hanno offerto a Sinwar di poter espatriare in Sudan e rifugiarsi là con la famiglia. Moglie, due figli e il fratello sono ancora nascosti con lui nei tunnel, probabilmente nell’area di Rafah. Ma ha rifiutato. Cambia continuamente rifugio, non rimane mai più di 48 ore nello stesso posto. E ha anche ripreso i contatti con parte degli uomini delle sue milizie con cui aveva rallentato i rapporti in seguito alla massiccia offensiva israeliana delle settimane scorse. La cosa che gli interessa adesso e che ha rilanciato ai mediatori qatarini è la liberazione di un massiccio numero di prigionieri di Hamas. Nella città sotterranea comanda ancora lui e riesce a tenere contatti anche con gli Hezbollah libanesi".

L’uomo che ha concepito la strage del 7 ottobre 2023 sconvolgendo i già incerti equilibri del Medio Oriente, è ancora imprendibile e deciso a non mollare. E soprattutto il burattinaio del terrore continua ad essere il capo indiscusso di Hamas. Vincere o morire? Nelle strategie mediorientali, tutto è possibile e gli scenari cambiano velocemente come i temporali estivi. Israele preme con razzi, bombe, artiglieria e truppe sul terreno sui due fronti, eppure nei giorni scorsi sono arrivati in parte in Libano, in parte a Gaza, dai 6 ai 7mila combattenti inviati dall’Iran. Sono sciiti e afghani riparati in Iraq perchè cacciati dai talebani.

Marco Mancini spiega: "Sono pagati 1200 dollari al mese da Teheran, regista e finanziatore dell’offensiva contro Israele. Sono riusciti a penetrare nei territori entrando in piccoli nuclei su auto civili, confondendosi al via vai di profughi, anche due per volta proprio per non dare nell’occhio. In questo modo sfuggono alla vigilanza di Israele. In Libano coordina questi combattenti il nuovo capo di Hezbollah, Ibrahim Amin al Said, successore di Hassan Nasrallah. In qualche modo anche lui dalla roccaforte del Partito di Dio a Beirut sud è in contatto con Sinwar". L’esercito di Benjamin Netanyahu intanto nelle migliaia di volantini lanciati su Gazalancia un anatema: "Nessun tunnel è troppo profondo, lo prenderemo e farà la fine dagli altri leader nemici di Israele".La grande caccia al burattinaio del terrore non si ferma mai. Yahya Sinwar sa che ogni giorno potrebbe essere l’ultimo.