Roma, 2 ottobre 2024 – Stavolta non se ne parlerà al Sinodo. Come la questione del diaconato femminile, anche il tema della pastorale con le persone Lgbtq resta ufficialmente fuori dall’agenda della seconda e ultima sessione dell’assemblea sulla sinodalità. Ma non per questo, dopo il contrastato via libera vaticano alla benedizione degli uomini e delle donne impegnati in una relazione omosessuale, la pratica arcobaleno può dirsi archiviata Oltretevere. Come ricorda padre James Martin, gesuita da oltre vent’anni in prima linea nell’accoglienza della galassia Lgbtq, “sentimenti e convinzioni, che sembrano testimoniare una scarsa conoscenza della vita reale delle persone omosessuali, permangono nella Chiesa”. Anche fra i tavoli del Sinodo, ad ascoltare il religioso che dell’assise è membro a pieno titolo, come lo scorso anno su mandato del Papa.
Cosa ricorda dei dibattiti sull'omosessualità al Sinodo del 2023?
"Il tema è emerso in molte tavole rotonde e occasionalmente durante gli interventi nelle sessioni plenarie. C'erano alcuni delegati, che hanno raccontato storie di cattolici omosessuali, altri che sostenevano si trattasse di una 'ideologia occidentale'. Nel mezzo, invece, ricordo chi voleva una certa sensibilizzazione, ma era più sospettoso nei confronti della cosiddetta agenda Lgbtq".
Ha ascoltato discorsi omofobi? "Non descriverei nessun delegato come omofobo.Tuttavia, alcuni dei partecipanti all'assise hanno espresso sentimenti e convinzioni che sembravano indicare una scarsissima esperienza nella vita reale con le persone Lgbtq".
Come si è sentito al Sinodo?
"Da un lato, ero felice che molti delegati sembrassero manifestare una sorta di sensibilizzazione verso la comunità Lgbtq, dall’altro, ero ovviamente deluso dal fatto che c’era chi si opponeva con ferocia".
Dopo la benedizione alle persone omosex che stanno insieme, cos'altro dovrebbe cambiare nella Chiesa in materia omosessuale?
"Il cambiamento più importante a riguardo sarebbe che si ascoltassero le esperienze di vita reale dei cattolici Lgbtq. E che li si veda come persone, non come una categoria. Ciò già accade in molti posti, ma in troppi sopravvivono stereotipi".
Qual è la sua opinione sulla decisione di eliminare da questo Sinodo il dibattito sul diaconato femminie?
"Non è una sorpresa, poiché tutti questi argomenti particolari sono stati affidati a gruppi di studio per far sì che in assise ci si concentri sulla domanda portante dell'assemblea: come essere Chiesa sinodale in missione".
Molti teologi sono stanchi di discorsi vuoti sul governo delle donne nella Chiesa. Trova siano discriminate?
"È importante comprendere questa domanda come legata alla cultura. Ciò che sembrerebbe ovvio in una cultura riguardo alle donne potrebbe sembrare impossibile in un’altra. La cosa più importante è che la Chiesa ascolti la voce delle donne, anche quando ciò che dicono mette a disagio gli uomini al potere".
La Chiesa ortodossa ha ordinato la prima donna diacono: perché ciò non è ancora possibile nella Chiesa cattolica?
"È una domanda complessa. Per cominciare, ci sono molti che dicono esserci già state delle diacone, come Febe, nel Nuovo Testamento. Lei era chiaramente chiamata 'diacono'. Ma il motivo più recente, perché questo non accade nella Chiesa cattolica è che il Papa ha detto di non volerlo".