Sta per scattare la guerra dei social. TikTok e Facebook adesso sembrano al fronte e rischiano di essere troppo potenti. Tutti assicurano di creare migliaia di posti di lavoro anche col virus. Tutti sostengono che nessuno abuserà dei dati personali; che ci sono già migliaia di addetti a controllare la privacy dei cittadini e bloccare eventuali contenuti violenti, d’odio o razzisti e nessuno intende sfruttare questi mezzi come piattaforme di spionaggio politico e sociale. A Trump però non basta. Il presidente americano non è interessato a fare l’arbitro, ma solo il giudice. Per lui la piattaforma di proprietà cinese che ha sede in Usa non dovrebbe più operare negli Stati Uniti. Nemmeno se Microsoft intendesse comprarla per oltre 100 miliardi di dollari. Il no alle intenzioni del colosso di Bill Gates – che ha duramente attaccato il tycoon per la gestione della pandemia – interessato ad affiancarla operativamente a Linkedin, la cosiddetta ‘Facebook dei professionsiti’ è secco e preciso. Forse un altro gruppo potrebbe riuscire nell’impresa, visto che ieri ByteDance per non far evaporare il suo gioiello si è detta pronta ieri a vendere tutte le azioni a un compratore americano gradito alla Casa Bianca. "Non abbiamo intenzione di andarcene", hanno fatto sapere. Per Trump però TikTok continua a rappresentare "una preoccupazione e un pericolo per la sicurezza nazionale".
Al Pentagono da settimane è già partito l’ordine ai militari di non utilizzarla nemmeno in famiglia, anche se è popolarissima fra i giovani e conta più di 55 milioni di utenti solo negli Stati Uniti. I proprietari di ByteDance negano ogni utilizzo segreto o clandestino e considerano la mossa di Trump una pura azione di rappresaglia ingiustificata, alla quale hanno contrapposto l’immediata offerta di vendita con la loro totale uscita dalla società.
L’assenza l’altro giorno in Congresso proprio della Microsoft all’audizione dei giganti tecnologici che ha visto alla ‘sbarra’ Facebook, Google, Apple e Amazon costrette a difendersi dalle accuse di violazione dei diritti dei loro fruitori, aveva fatto pensare che Trump in qualche modo potesse tollerare la trattativa top secret che Microsoft conduceva da tempo. Ma l’annuncio ieri del decreto presidenziale, ammesso che si realizzi, ha lasciato intendere che se la Microsoft di Gates continuasse a voler essere candidata all’acquisto, lui si opporrebbe e l’azienda di Redmond finirebbe nel mirino come posizione di monopolio.
La beffa che "i ragazzi su Tik Tok" hanno fatto, boicottando il primo comizio di Trump a Tulsa in Oklahoma con la prenotazione dei biglietti mai ritirati, può aver avuto un peso nell’istintiva reazione del presidente. Ma è soprattutto la trasformazione dell’ex sito musicale in una piattaforma social molto più generalista controllata da Pechino, che allarma Washington.