Terremoto ai vertici di Israele: il capo di stato maggiore, Herzi Halevi, il generale che ha condotto la guerra a Gaza, ha annunciato ieri le proprie dimissioni, che entreranno in vigore all’inizio di marzo. "Fin dal primo giorno di guerra mi assunsi ad alta voce la responsabilità – ha detto in un discorso al Paese registrato in uno dei campi agricoli dove il 7 ottobre 2023 i commando di Hamas massacrarono civili e militari israeliani –. L’obiettivo numero uno delle forze armate è difendere il Paese. Allora abbiamo fallito. Io ne avverto il peso e continuerò ad avvertirlo per il resto della mia vita".
Halevi ha rilevato tuttavia che in seguito le forze armate israeliane hanno conseguito successi importanti su vari fronti, successi che hanno ricostruito il deterrente di Israele e che hanno "cambiato il volto della regione". Le sue dimissioni – dopo 40 anni di servizio militare – sono legate alla graduale riduzione delle tensioni militari sui diversi fronti (Libano, Siria, Iran) e all’inizio della tregua a Gaza che ha visto anche la liberazione di tre donne, le prime fra i 94 ostaggi ancora nelle mani di Hamas. Nelle prossime settimane – ha promesso – l’esercito completerà le ricostruzioni interne delle proprie attività, per mettere in luce le responsabilità dei comandanti. Fra le righe c’era anche una frecciata a Benyamin Netanyahu: dal suo tono si comprendeva che Halevi si attende che anche la leadership politica faccia altrettanto con se stessa. Ma il governo si oppone tenacemente alla costituzione di una commissione ufficiale di inchiesta sul 7 ottobre: diversi ministri ritengono infatti che la responsabilità sia da annettere esclusivamente alle forze armate e ai servizi di sicurezza.
Con tono sofferto, il generale ha poi assicurato agli israeliani: "Che sia chiaro: nessuno di noi ha nascosto informazioni (all’esecutivo, ndr), nessuno di noi sapeva cosa stesse per accadere, nessuno di noi ha aiutato il nemico". Si riferiva a teorie cospiratorie, divulgate con sistematicità dai social di estrema destra e dalla tv filo-governativa Canale 14, secondo cui ci sarebbero state collusioni preventive fra Hamas e ufficiali delle forze armate, contrari alla profonda riforma istituzionale condotta in Israele dalle destre.
Secondo un recente sondaggio dell’Istituto di ricerca Agam, il 25 per cento degli israeliani sono persuasi che effettivamente ci siano state connivenze del genere e che il giorno dell’attacco Netanyahu sia stato tenuto intenzionalmente all’oscuro più del dovuto dai vertici militari.
Negli ultimi mesi, ministri di estrema destra, come Bezalel Smotrich e Itamar Ben Gvir, hanno invocato la sostituzione di Halevi, rappresentandolo come un personaggio "flaccido" e "non ansioso di combattere". Smotrich, in particolare, gli ha lanciato un epiteto insolito: "È progressista". Intendeva dire che era troppo sensibile alle pressioni internazionali per garantire l’ingresso a Gaza di aiuti umanitari. "Quelle forniture aiutano Hamas. Dovremmo impedirle del tutto", ha ribadito ieri Ben Gvir. Ma Halevi, secondo Smotrich, cercava spesso di "sgusciare" per non eseguire le istruzioni perentorie del governo.
La sua uscita di scena segue quella, altrettanto drammatica, del ministro della difesa Yoav Gallant, che pure aveva contestato la gestione della guerra e che sosteneva i progetti Usa sul futuro politico di Gaza. Ora a Netanyahu resta un ultimo "dissidente": il capo dello Shin Bet (sicurezza nazionale), Ronen Bar. Ieri esponenti dell’opposizione lo hanno scongiurato di non dimettersi anche lui.
Aldo Baquis