Roma, 31 dicembre 2024 - Poteva, doveva, essere il leader della Russia nuova, che si era lasciata alle spalle l’impero zarista, l’epopea dell’Urss e l’instabilità del breve ma instabile periodo in cui Boris Eltsin guidò il Paese, emancipato per quanto riguarda la libertà di espressione, turbolento per tutto il resto, a partire dalla sicurezza interna.
Sono passati 25 anni da quando l’allora giovane e ambizioso Vladimir Vladimirovich Putin, funzionario del Kgb a Dresda, nemmeno fra i più brillanti, fu nominato dallo stesso Eltsin suo successore.
Ma l’agenda di allora, che prevedeva la democratizzazione della Russia e la distensione verso l’Occidente, è stata ampiamente disattesa. Al contrario l’ex 007 ha creato un pericoloso ibrido che tiene insieme l’ideologia neo imperiale e un metodo di gestione del potere degno del peggiore sovietismo.