Washington, 21 marzo 2018 - C'era Steve Bannon, ex stratega di Donald Trump e già editore del giornale online di ultradestra 'Breitbart News' dietro a Cambridge Analytica e alla sua raccolta di dati di milioni di ignari utenti Facebook. E' quanto rivelato al Washington Post dalla talpa ed ex dipendente, Chris Wylie, secondo cui la società, dietro indicazione di Bannon, avrebbe poi utilizzato i dati per tracciare un profilo psicologico di ogni utente e riuscire così influenzarne le opinioni politiche tramite messaggi mirati. Wylie racconta di come Bannon entrò a far parte del board della società tre anni prima di prendere parte alla campagna elettorale del tycoon e dal 2014 ne fu vicepresidente, consentendole di avere accesso ai lauti finanziamenti dei suoi facoltosi sostenitori, tra i quali spicca la famiglia di miliardari americani Mercer proprietari della casa madre di Cambridge Analytica, la Strategic Communication Laboratories.
Facebook e Cambridge Analytica, Zuckerberg convocato da Gb e Ue.
Lo scopo di Bannon sarebbe stato quello di disporre di una 'mappa' contenente i profili psicologici di milioni di utenti americani per testare su di loro l'efficacia dei messaggi populisti e antisistema che sarebbero poi stati alla base della campagna presidenziale di Trump. Sempre al Washington Post, Wylie spiega come di fatto Bannon fosse il boss di Alexander Nix, il controverso Ceo della società ora sospeso dal suo incarico. "Nix non aveva l'autorità di spendere tutti quei soldi" e "Bannon doveva approvare ogni decisione", spiega Wylie che ricorda come sia stato l'ex stratega di Trump ad approvare la spesa milionaria necessaria per acquisire i dati da Facebook. Bannon - riporta il Wp - ha ricevuto dalla Cambridge Analytica oltre 125 mila dollari in compensi per consulenze nel 2016 e ha posseduto una parte della società per un valore tra uno e 5 milioni di dollari.
LE RISPOSTE LEGALI - Oggi negli Stati Uniti è scattata la prima class action contro Facebook e Cambridge Analytica. L'azione legale collettiva è stata avanzata presso la corte distrettuale di San Josè, in California, e potrebbe aprire la strada a molte altre iniziative simili per richiedere i danni provocati dalla mancata protezione dei dati personali. Dati raccolti senza alcuna autorizzazione - spiegano i promotori dell'azione legale - e utilizzati per avvantaggiare la campagna di Donald Trump. Dall'Italia, anche il Codacons avverte che "se saranno accertate condotte illecite circa l'uso dei dati sensibili degli utenti, la loro profilazione a fini politici e l'avvio di campagne di comunicazione a carattere elettorale, chiameremo la società a rispondere dei danni prodotti ai cittadini italiani iscritti al social network".
KOGAN: IO CAPRO ESPIATORIO - Intanto Aleksandr Kogan, il professore che ha creato l'app 'This is your digital life' - il software atttraverso cui la quale Cambridge Analytica è riuscita a raccogliere i dati di 50 milioni di utenti di Facebook - si difende. Il professore ha sostenuto di essere usato come "capro espiatorio" sia dalla società finita al centro dello scandalo che dallo stesso social media. L'accademico ha riferito di aver concluso il suo lavoro alla Cambridge Analytica nel 2014 e che non aveva idea dell'utilizzo dei dati raccolti per aiutare il candidato repubblicano alle presidenziali americane. Il suo intento, ha affermato, era averli per poter modellare il comportamento umano attraverso i social media. "Gli eventi della scorsa settimana sono stati uno shock totale".
SORO - Monito del Garante della Privacy, Antonello Soro, dopo lo scandalo Cambridge Analytica. "La dimensione degli utenti su Facebook è così grande da condizionare gli sviluppi dell'umanità - dice Soro a Sky Tg24 -. Quando questo potenziale è usato per mandare a un numero elevato di utenti una serie di informazioni selettivamente orientate per poi condizionare i singoli comportamenti, questo passaggio cambia la natura delle democrazie nel mondo e l'allarme deve essere altissimo".