Roma, 21 marzo 2023 - "In un certo senso, possiamo dire che è stato un gioco delle parti. Poi, naturalmente Putin e Xi avranno colloqui riservati nei quali esplorerano fino in fondo le proprie posizioni e si parleranno con franchezza. Ma se qualcuno pensava che Xi venisse a Mosca per fare pressione su Putin per spingerlo alla pace, si sbagliava".
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Così Alexander Gabuev ( foto ), il sinologo russo direttore del Carnegie Russia Eurasia Center di Berlino, che ha lavorato al Cremlino nella fase “riformista“ del presidente Medvedev e dal 2015 ha guidato la sede di Mosca del Carnegie, che è stata chiusa dal Cremlino a inizio 2022, forzandolo all’esilio.
Perchè questo viaggio di Xi a Mosca?
"Era cruciale per Xi Jinping confermare che la relazione strategica con la Russia è solida, per questo è venuto a Mosca nel bel mezzo di una guerra per mostrare che Pechino sta sostanzialmente con Putin. Ma doveva anche controbilanciare questa scelta di campo dando l’impressione al mondo che è portatore di una proposta sulle trattative di pace in Ucraina e rafforzare la propria narrativa della Cina come potenza globale responsabile. Per questo Xi probabilmente chiamerà anche Zelensky. Putin da parte sua gli ha dato spago, dicendo che esaminerà con attenzione le proposte cinesi per mettere fine alla guerra. Ma Xi sa che sono parole".
È possibile che in una fase successiva la Cina assuma una postura più assertiva e prema davvero su Putin per la pace?
"Sono scettico. In primis, Pechino non ha un interesse strategico. E poi Kiev e Mosca sono chilometri lontane una dall’altra su quel che ognuna vede come un accettabile piattaforma di dialogo. Le parti si confronteranno sul campo, dove entrambe pensano di poter prevalere, e lo spazio per un dialogo si presenterà non prima del prossimo autunno. Sino ad allora la Cina reciterà la sua parte, dirà ’abbiamo presentato un nostro piano, abbiamo parlato con Putin e su Zelensky, abbiamo fatto il nostro meglio’. Manterrà un simulacro di trattativa. Dopo l’autunno, se ci sarà ancora una situazione di stasi, vedremo".
Che obiettivi ha Pechino?
"Una cosa è certa, Pechino non vuole che Putin perda questa guerra. La Cina è agnostica su quali parti dell’Ucraina resteranno o meno in mano russa. Ma Putin deve sopravvivere a questa guerra. La paura è che se la Russia perde, questo possa portare ad un cambio di regime a Mosca e che possa instaurarsi un governo pro Occidente. Questo è lo scenario che i cinesi vogliono evitare. Per questo aiutano e aiuteranno Mosca, comprando le loro materie prime, fornendo beni e fondi, condividendo tecnologia, inclusa tecnologia dual use , e garantendo un supporto diplomatico che faccia sì che la Russia non sia isolata. Non sono invece sicuro se forniranno munizioni, perchè l’invio sarebbe scoperto dagli Stati Uniti e questo distruggerebbe la narrativa cinese dell’equidistanza".
Pechino vuole una Russia “partner inferiore“ della Cina?
"Lo è già, lo diventerà probabilmente ancora di più. Pechino vuole che l’Occidente e la Russia si dissanguino in questa guerra, e che la Russia infine ne esca indebolita ed economicamente e strategicamente vassalla di Pechino".
Il mandato di cattura emesso dal Tribunale penale internazionale complica o facilta la via verso la pace?
"La trattativa, quando si farà, si farà con Putin. Sarebbe naïf pensare che a Mosca qualcuno dica: dato che ne è stato chiesto l’arresto, sostituiamolo. Ovviamente non accadrà. Se si vuole negoziare con la Russia si dovrà negoziare con Putin".