Giovedì 9 Gennaio 2025
MARTA OTTAVIANI
Esteri

Voto romeno annullato, raffica di perquisizioni. Insorge la Lega: pericoloso

La guerra ibrida di Mosca mette in crisi le istituzioni di un Paese europeo. Francia e Germania sono il prossimo terreno di battaglia per i troll russi

Vladimir Putin, 72 anni

Vladimir Putin, 72 anni

​​​Roma, 7 dicembre 2024 – Da Paese, con tutto il rispetto del caso, marginale negli equilibri europei a nazione con tutti gli occhi puntati addosso. Va onestamente ammesso che, fino all’inizio della guerra in Ucraina, le elezioni in Romania non erano seguite con la stessa attenzione che si riserva a loro oggi. E con l’apprensione che una parte di politica e opinione pubblica ormai nutre nei confronti di tutte le consultazioni elettorali che si tengono ultimamente sul territorio europeo.

La guerra non lineare russa, il sistema di influenze e azioni che Mosca apparecchia puntualmente per distorcere la volontà popolare a suo favore, ormai è diventato un fatto strutturale e non emergenziale, a cui non si è ancora riusciti a trovare una soluzione. Per questo, la decisione dei giudici rumeni ha una portata che è giusto definire storica, anche se pone tutta una serie di questioni che, in una società liberale, non possono non essere tenute in considerazione. Poi c’è la cronaca, che ha visto ieri una raffica di perquisizioni in relazione alle indagini sulle presunte ingerenze russe che hanno portato all’annullamento delle elezioni presidenziali. Una decisione che in Italia fa insorgere la Lega di Matteo Salvini: “Annullare il voto perché dà fastidio a Soros e all’Ue è un precedente pericoloso”.

Va sottolineato che l’Alta Corte di Bucarest ha agito in base a fatti concreti, ossia a una serie di documenti desecretati dal Consiglio di Sicurezza romeno e dall’intelligence, dai quali emerge un quadro inquietante, secondo il quale il candidato filorusso, Calin Georgescu, non solo ha incassato in modo legale somme per circa un milione di euro, non si sa donate da chi, ma ha anche tratto vantaggio da una serie di manipolazioni degli algoritmi che gli hanno dato una maggiore visibilità su TikTok. Pratica in cui i russi sono maestri indiscussi. Però è stata cancellata la volontà dell’elettorato. E questo è un fatto.

Il problema è legale, ontologico e metodologico. La Romania è solo l’ultimo Paese in ordine temporale dove l’ombra del Cremlino si è fatta sentire. In Georgia gli elettori sono ancora in piazza a rivendicare il risultato dello scorso 26 ottobre, che considerano rubato dai filorussi. L’Ucraina, dopo aver denunciato ingerenze per anni, è stata invasa. La Moldavia ha visto passare il referendum di adesione alla Ue per una manciata di voti e, anche qui, le accuse di influenze da parte dei russi si sono sprecate. Le elezioni in Francia sono state tempestate da un’attività sui social dei troll russi senza precedenti. Il prossimo voto in Germania sarà un altro terreno di battaglia, con il partito Alternative für Deutschland, di estrema destra, anti Ue e filorusso, pronto a fare il pieno di voti con la solita ‘ricetta’ delle destre populiste, che guardano con favore al Cremlino. Si demolisce la Ue come istituzione, si usa la povertà come punto di pressione e il tema delle migrazioni come causa di tutti i mali. Come rispondere?

Ricette sul breve termine non ce ne sono, se non mosse come quelle della Corte. Per dirla con le parole del professor Vittorio Emanuele Parsi, docente di relazioni internazionali all’Università Cattolica di Milano, è “un rinnovamento culturale per riportare in Europa la consapevolezza che la libertà e la sicurezza non sono garantite per sempre dalle azioni coraggiose dei nostri nonni”. Certo, i dati del rapporto Censis, che vedono emergere con prepotenza un sentimento antioccidentale nel nostro Paese non fanno ben sperare, così come l’apprezzamento per gli uomini forti al comando. Non si era preparati a vedere scoppiare una guerra convenzionale alle porte dell’Europa. Non si poteva nemmeno immaginare che esistesse la guerra non lineare, in grado di “far passare la democrazia di moda”.