Roma, 29 luglio 2024 – Tradizionalmente amata da negoziatori e spie, che la considerano un fondale mimetico e accogliente, la Capitale stavolta può poco. Il vertice a quattro tra Mossad, Cia, Mukhabarat egiziano e mediatori qatarioti sulla "proposta aggiornata" di Israele per Gaza – anticipata a Washington da Benjamin Netanyahu – nasce sotto la cattiva stella del massacro druso-israeliano di Majdal Shams. Il capo del Mossad David Barnea, il direttore della Cia William Burns, il capo dell’intelligence egiziana Abbas Kamal e il premier del Qatar Mohammed Abdelrahman al-Thani convergono a metà mattina nel luogo dell’incontro ovviamente blindatissimo e segreto. Dopo neppure tre ore Barnea è già di nuovo in volo per Tel Aviv. Motivi stringenti. Il gabinetto di guerra convocato da Benjamin Netanyahu al ritorno degli Stati Uniti ha all’ordine del giorno la rappresaglia contro Hezbollah (il partito di Dio filoiraniano che controlla gran parte del Libano) ritenuto responsabile della strage di bambini e adolescenti drusi nel Golan. Un secondo fronte dopo quello nella Striscia? Israele nega, ma la volontà di Joe Biden di promuovere e raggiungere velocemente un accordo su Gaza, comunque entro la fine del mandato presidenziale alla Casa Bianca, sbatte sul contesto sempre più teso. Nessuno accredita aperture.
Anzi, secondo una fonte (anonima) della difesa israeliana citata da Axios.com – con base ad Arlington (Virginia) e ottime fonti anche al Pentagono – la "proposta aggiornata" predisposta dai negoziatori di Tel Aviv riflette la precisa volontà politica di Netanyahu di mettere alle strette Hamas: "Netanyahu vuole un accordo impossibile. Al momento è indisposto a muoversi: quindi potremmo andare verso una crisi negoziale anziché verso un accordo".
Secondo Axios.com, le clausole aggiuntive israeliane – illustrate a Roma ai mediatori egiziani e qatarioti – prevederebbero nuove richieste ad Hamas, "come l’istituzione di un meccanismo a guida ’straniera’ per monitorare e impedire il movimento di armi e militanti palestinesi dal sud di Gaza al nord (senza specificare come funzionerebbe o chi ne sarebbe responsabile) e il mantenimento del controllo israeliano sul confine tra Gaza e l’Egitto" (cioè il cosiddetto corridoio Filadelfia). Netanyahu vuole sigillare a tutti i costi l’area di confine tra Gaza e l’Egitto, da sempre luogo di contrabbando di armi e mezzi per Hamas. Il Cairo si rifiuta però di avallare la misura: non approva confini stabili con Israele nella Striscia.
"Nei prossimi giorni proseguiranno le trattative sulle questioni principali", fa sapere l’ufficio di Netanyahu. Un paio di ipotesi trapelate in queste ore – meno punitive per Hamas – ravvivano la speranza di riportare a casa gli ostaggi: se il controllo tra sud e nord della Striscia fosse delegato non a Israele ma a soggetti esteri, e il valico di Rafah affidato congiuntamente a europei e palestinesi, forse la mediazione di Egitto e Qatar potrebbe ritrovare spinta. Ma non c’è alcuna certezza che Netanyahu modifichi le clausole aggiuntive e la trattativa si sblocchi.