Roma, 1 settembre 2024 – La scadenza del 30 agosto per fornire i nomi dei candidati commissari, per poi procedere alle audizioni al Parlamento europeo, era stata fatta ai 27 Paesi membri da Ursula von der Leyen e tutti, escluso il Belgio (senza nuovo governo e ancora incerto tra l’ex ministra degli Esteri Hadja Lahbib e l’attuale commissario Didier Reynders), l’hanno fatto. Ma la presidente aveva anche chiesto di fornire non uno ma due nomi, un uomo e una donna, per garantire la parità di genere nella Commissione con l’obiettivo di garantire un risultato migliore della precedente Commissione (che aveva il 44% di donne). E qui la richiesta è stata clamorosamente disattesa.
Le candidate donne sono infatti solo 7 e considerando che la Bulgaria (unica!) ha presentato un uomo e una donna (l‘ex ministra degli Esteri Ekaterina Zaharieva, e l’ex titolare dell’Ambiente Julian Popov) e così forse farà il Belgio, al massimo di arriverà a 9 su 27: il 33%. Per questo per metterci una pezza von der Leyen sta facendo pressioni su alcuni Stati come la Romania e Malta, perché cambino candidato e nominino una donna in modo da arrivare a quota 11, pari al 41%. Bucarest ci pensa (il nome è Rixana Minzatu), La Valletta per ora resiste. Le sette donne nominate ora per il Collegio sono: la presidente tedesca Ursula von der Leyen; l’estone Kaja Kallas (futura Alto rappresentante dell’Ue per la Politica estera nonché vicepresidente della Commissione); la vicepresidente uscente Dubravka Suica (Croazia); la ministra agli Affari europei svedese Jessika Roswall; l’eurodeputata finlandese Henna Virkkunen, la spagnola Teresa Ribera e la portoghese Albuquerque.
Accanto alle nomine che dovranno passare alla graticola del Parlamento europeo (tra i candidati attesi da fuoco di fila l’ungherese Oliver Varhel) c’è la partita delle vicepresidenze, specie quelle esecutive, alla quale punta senza se e senza ma la premier Meloni, per il candidato italiano Raffaele Fitto. E poi c’è la partita dei dicasteri, un puzzle delicatissimo, con Fitto che mira al Bilancio.
Quello che filtra da Bruxelles è che Ursula von der Leyen è intenzionata ad avvalersi di vicepresidenti, tutti esecutivi, mentre nel suo primo esecutivo europeo tre erano esecutivi e quattro no. Le valutazioni al momento riguarderebbero due schemi alternativi: affidare le vicepresidenze a commissari esponenti dei gruppi della maggioranza che le ha votato la "fiducia" (come cinque anni fa), oppure seguire il criterio dei grandi Paesi. Quest’ultimo scenario è ovviamente quello che si augurano a Palazzo Chigi visto che FdI il 18 luglio scorso al Parlamento europeo ha votato contro la conferma di von der Leyen. Spagna, Francia e Polonia sono i Paesi che con l’Italia puntano ad avere un vicepresidente. E nelle ultime ore circola ottimismo fra Palazzo Chigi e Farnesina.
Meloni sta conducendo in prima persona con la presidente della Commissione una trattativa che ha bisogno anche di sponde con le altre principali cancellerie. Anche Antonio Tajani sta spingendo verso questo obiettivo, con l’invito a Roma mercoledì scorso del leader del Ppe Manfred Weber (che sostiene una vicepresidenza europea per Fitto) e l’indomani con gli incontri a Bruxelles con von der Leyen e Roberta Metsola. Presto sapremo se gli sforzi sono andati a buon fine.