Tel Aviv, 27 marzo 2023 - Lo Stato di Israele è investito da un'ondata senza precedenti di proteste di piazza. Una grande fetta della società civile si è mobilitata contro la riforma della giustizia che è in fase di approvazione in Parlamento. Oggi uno sciopero generale ha paralizzato il Paese. La nuova legge è contestata anche all'interno del governo. Fino a ieri il premier Benjamin Netanhyau ha messo a tacere il dissenso, per esempio licenziando il ministro della Difesa che chiedeva di sospedere i lavori parlamentari. Ma il movimento popolare ha trainato dietro sé una parte delle istituzioni, dall'Esercito all'Università, fino al presidente Isaac Herzog in persona, che ha chiesto a Netanyahu di fermarsi in nome dell'unità nazione. E in serata il primo ministro si è visto costretto a fare il passo indietro, senza cancellare la riforma, beninteso, ma solo congelando il voto. L'equilibrio è precario dal momento che l'estrema destra che appoggia il governo spinge per tenere la barra dritta ed è disposta a rimandare solo fino a dopo Pasqua. E' la crisi più grossa che Israele abbia mai attraversato dalla sua nascita (1948).
Cosa prevede la riforma della giustizia
Ma cosa prevede la contestatissima riforma? Di fatto la legge consente un rafforzamento dei poteri del governo a discapito della Corte Suprema che in Israele è di fatto unico contraltare dell'esecutivo. Ecco nel dettaglio i passaggi più controversi.
Elezione dei giudici
La nuova riforma prevede che a nominare e destituire i giudici sia un comitato di 11 membri (non più nove) con una composizione sbilanciata rispetto all'ordinamento attuale. Di questi 11 membri infatti ben sei sarebbero scelti dal governo (ed è una versione 'ammorbidita' perché la prima versione del testo assegnava al governo 7 componenti). Del comitato faranno parte anche due eletti dell'opposizione e tre giudici indipendenti, ma per i critici non basta a garantire una composizione equilibrata.
Revisione delle leggi
Il testo mette poi un freno al potere di revisione delle leggi da parte della Corte Suprema. Secondo la riforma proposta, per invalidare una legge qualsiasi servira' il consenso dell'80% dei giudici della Corte Suprema, mentre attualmente basta soltanto la maggioranza semplice.
La clausola di annullamento
Il passaggio più contestato della riforma è la cosiddetta clausola di annullamento che permette a una maggioranza parlamentare semplice di 61 deputati su 120 di annullare sentenze della Corte Suprema relative a modifiche o annullamenti di leggi. Per chi contesta questo punto è una chiara violazione del principio di separazione dei poteri e dell'autonomia della magistratura.
I consulenti legali dei ministeri
La riforma riclassifica poi gli incarichi di consulenti legali dei ministeri, che dagli attuali esperti indipendenti supervisionati dal ministero della Giustizia saranno invece avvocati scelti con criteri politici. Per giunta i pareri che emetteranno saranno vincolanti e la loro attuazione sarà obbligatoria. In questo modo i ministri avranno il controllo totale sulla scelta e la nomina di tali esperti, segnando di fatto una politicizzazione di queste figure.
La norma anti impeachment
Pochi giorni fa il Parlamento ha approvato in prima lettura un altro disegno di legge che riduce notevolmente la possibilità che un primo ministro in corso di mandato potesse essere dichiarato non idoneo a ricoprire una carica. Insomma uno scudo anti-impeachment, che secondo i detrattori Netanyahu si è cucito addosso. Il premier israeliano è sotto processo, accusato in tre diversi procedimenti di corruzione.