Mercoledì 18 Dicembre 2024
DAVIDE NITROSI
Esteri

Il “Labour cambiato”. Così Starmer va oltre Blair e sinistra

Rilancia il riformismo dopo il tramonto della Terza via

Roma, 6 luglio 2024 – Cambiare un Paese non è come premere un interruttore: il cambiamento parte ora ma richiede tempo". In questa frase pronunciata ieri nel suo discorso inaugurale da primo ministro, il leader laburista Keir Starmer ha tracciato l’anima e l’identità del suo ’Labour cambiato’, un partito che in pochi anni è stato ricostruito a immagine e somiglianza del nuovo leader, fino a portarlo alla vittoria.

Starmer arriva dopo una liturgia di leader laburisti che più diversi non si poteva: Tony Blair, che dal 1994 cambiò volto al partito con il New Labour (più lib che lab), poi la parentesi del giovane Ed Miliband, un socialdemocratico, e infine lo tsunami Jeremy Corbyn, storico capataz della sinistra radicale.

Keir Starmer con la moglie Victoria
Keir Starmer con la moglie Victoria

Starmer e il partito laburista approdano alla guida del Paese dopo 14 anni di opposizione. Per il centrosinistra italiano è impensabile restare tre lustri lontano dal governo, foss’anche un governo tecnico o di unità nazionale. In Gran Bretagna sono abituati a lunghi cicli, ma 14 anni all’angolo logorano chiunque. Il Labour ha attraversato un tunnel, sbandando fra centro, incertezze e sinistra-sinistra. Starmer lo ha raddrizzato con pazienza, riportandolo al riformismo ma evitando di fare la copia di Blair. Ha cacciato gli estremisti dell’epoca Corbyn (anche accusandoli di antisemitismo) e ha plasmato i caratteri laburisti con l’azione riformista senza l’ansia del potere. Conta anche il carattere: "A scuola giocava a calcio e suonava il flauto: duro e delicato", ha scritto sulla sua biografia Tom Baldwin. Gli amici lo chiamavano ’Superboy’, i nemici un ’Tory in rosso’. Serviva un tipo così per rianimare il Labour.

Negli anni ‘90 il sociologo Anthony Giddens aveva ispirato la svolta di Blair (simile a quella di Schröder in Germania e per certi versi di Clinton in America) con il concetto politico della Terza via. La stessa filosofia che ha ispirato Matteo Renzi e in parte anche Emmanuel Macron. La Terza via però è fallita. E non lo hanno detto solo gli elettori, ma lo stesso Giddens ormai da più di 10 anni.

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L’impatto delle nuove tecnologie sul lavoro e sull’informazione, oltre alla globalizzazione, hanno modificato i termini della società a tal punto che le risposte pensate negli anni Novanta non sono più attuali ed efficaci. I leader della ’sinistra’ blairiana (chiamiamoli così) sono caduti perché di fronte ai problemi della contemporaneità, così complessi e angoscianti, gli elettori cercano risposte nette, trancianti, anche scorciatoie se rassicuranti. Chi le trova nei sovranisti di destra, chi nell’estrema sinistra, chi nei partiti anti establishment e anti Ue (vedi la Brexit). La crisi del capitalismo ha contagiato anche il socialismo riformista, inevitabilmente. Ora spunta Starmer. Nella sua vittoria ci sono motivi strettemente legati al Regno Unito e alla crisi dei conservatori, c’è la delusione post Brexit, ma c’è anche altro. Starmer rappresenta, almeno sulla carta, un passaggio successivo alla Terza via. Più una forza tranquilla che l’ennesimo esperimento liberal-socialista. Il suo ’Labour cambiato’ è un partito pragmatico: "Mattoncino su mattoncino ricostruiremo le infrastrutture delle opportunità" ha detto ieri. Non è la rivoluzione di Corbyn (o di Mélenchon) né l’ottimismo di Blair (o dei primi Renzi e Macron). É il realismo di chi vuole risolvere le diseguaglianze senza promettere miracoli, ma ripristinando il senso di sicurezza sociale con un obiettivo: tornare a un mondo "dove i padri possono sperare che i figli stiano meglio".