Mercoledì 22 Gennaio 2025
ALESSANDRO D’AMATO
Esteri

Regeni, processo agli 007. Il racconto della madre: "Sul corpo vidi le torture"

La testimonianza di Paola Deffendi, mamma del ricercatore ucciso in Egitto "Non volevano farmi vedere il cadavere. Una suora mi disse: sembra un martire". Sul banco degli imputati in Italia ci sono quattro agenti segreti egiziani.

Paola Deffendi, la madre di Giulio Regeni, nell’aula bunker del carcere di Rebibbia

Paola Deffendi, la madre di Giulio Regeni, nell’aula bunker del carcere di Rebibbia

"Sul suo corpo ho visto la bestialità, la brutalità. Lì capii che era stato torturato". Paola Deffendi, la madre di Giulio Regeni, lo racconta nell’aula bunker di Rebibbia durante la sua audizione davanti ai giudici della prima Corte d’Assise di Roma nell’ambito del processo a carico dei quattro 007 egiziani accusati del sequestro e dell’uccisione del ricercatore friulano. "Quando ho dovuto riconoscere il corpo di Giulio ho potuto vedere solo il suo viso. Era coperto da un telo e chiesi di poter vedere almeno i piedi ma una suora mi disse: “Suo figlio è un martire“", dice Deffendi dopo aver riepilogato il calvario della sua famiglia in quei giorni, dal giorno della scomparsa fino alla visita in obitorio per il riconoscimento della salma.

COSA TI HANNO FATTO, GIULIO?

"Mi sono chiesta: ’Ma cosa ti hanno fatto, Giulio?’", ricorda, dopo aver detto che l’ambasciatore italiano a Il Cairo (Maurizio Massari, ndr) li aveva sconsigliati di vederlo. "Mi sentii vigliacca e volevo vederlo. Mi rispose ‘Paola, lo ricordi come era’. Andiamo all’ospedale italiano del Cairo, ci troviamo un sacco bianco con il ghiaccio intorno. Avevo l’illusione che non fosse lui", prosegue. Prima, la donna aveva raccontato l’ultima volta che lei e il marito l’avevano visto: "È stato tramite Skype il 24 gennaio 2016. Ci disse del 25 gennaio, di cosa significasse al Cairo quella data (l’anniversario della rivoluzione egiziana del 2011, ndr). Gli dissi: "Mi raccomando stai a casa". Lui ci spiegò di aver fatto la spesa per più giorni, ci rassicurò". Tre giorni dopo la notizia della scomparsa: "Mio marito mi ha chiamato con una voce mai sentita. A casa mi disse che Giulio era scomparso. Quando sentii la console chiesi perché non ci avessero avvisato prima".

L’AMBASCIATORE

Suo figlio era già stato in Egitto: "Andò nel periodo del colpo di Stato di al-Sisi, quando ci tornò nel 2015 ci disse che la situazione era più calma e si sentiva tutelato in quanto ricercatore straniero. Non espresse mai alcun timore. Il 15 gennaio era il suo compleanno e gli mandai gli auguri e lo sentii felice e rilassato". Infine Deffendi ha raccontato di aver incontrato per caso l’ambasciatore egiziano in aeroporto: "Non l’ho mai detto prima. Ci siamo seduti accanto a lui, chiedendo se sapeva che c’era un processo in Italia sul caso Regeni, lui disse di sì", ha risposto alle domande del procuratore aggiunto Sergio Colaiocco.

IL PROCESSO

Gli imputati del processo sono quattro agenti della National Security egiziana (il generale Tariq Sabir, i colonnelli Athar Kamel e Usham Helmi e il maggiore Magdi Sharif). I reati contestati sono sequestro di persona pluriaggravato, concorso in lesioni personali gravissime e omicidio. I quattro sono risultati irreperibili perché Il Cairo non ha mai fornito gli indirizzi di residenza e la magistratura italiana non ha potuto notificare loro gli atti. Ciò nonostante, la Corte Costituzionale ha sancito che un processo non può essere impedito dal rifiuto a collaborare di uno Stato. L’avvocata che assiste i Regeni è Alessandra Ballerini. La presidenza del Consiglio dei ministri si è costituita parte civile.