Giovedì 21 Novembre 2024
ALESSANDRO FARRUGGIA
Esteri

Come reagiranno i democratici dopo l’attentato a Trump, l’esperto: “La corsa di Biden non è persa”

Il professor Eric Jones teme l’aumento del livello di violenza politica in America: “È come se fosse crollata una diga. Può esserci emulazione, o voglia di vendetta, altri potrebbero provare a fare lo stesso. E non tanto contro Biden, che è ben protetto”

Roma, 14 luglio 2024 – Professor Eric Jones, americano, docente all’università europea di Fiesole, che effetto avrà l’attentato a Donald Trump sulla campagna elettorale americana?

"L’effetto più preoccupante sarà un aumento della violenza politica in America, una eventualità che era stata prevista nei mesi scorsi dal Council on Foreign Relations. Il think thank americano più prestigioso per gli studi internazionali disse che c’era un rischio altissimo che l’aumento della violenza politica in America sarebbe stato potenzialmente il trend più importante per gli interessi americani nel mondo. Purtroppo avevano ragione. Adesso è come se fosse crollata una diga. Una regola, un tabù, è stato rotto. Può esserci emulazione, o voglia di vendetta, altri potrebbero provare a fare lo stesso. E non tanto contro il presidente Biden, che è ben protetto, ma contro le centinaia e centinaia di candidati al Congresso o ad altre cariche elettive. Dopo quello che è successo, abbiamo  più paura che il livello di violenza politica diventi più alto. E’ una eventualità molto preoccupante”.

I democratici si attendevano però che la violenza, visti i fatti di Capitol Hill, l’assedio al Congresso, sarebbe venuta dai settori più estremi dell’area repubblicana, dalle milizie. E invece è venuta contro Trump. Sorpreso?

"Molto. Ma quel giovane che ha fatto l’attentato è registrato come repubblicano e Trump stesso ha alimentato un livello di contrapposizione politica molto radicalizzato. Con sua sorpresa questo ha portato ad una situazione così tesa nella società americana che, i dettagli li scopriremo magari nel prossimo futuro, per una catena di eventi ne ha fatto le spese lui stesso, fortunatamente in maniera non letale, e ne han fatto le spese alcuni dei suoi supporter presenti al comizio, uno dei quali è morto. E’ essenziale, che tutti, lui in primis, cerchino di raffreddare il clima, sennò vedremo altri attentati del genere. E magari con esito peggiore”.

Alla luce di questo attentato e dell’ondata di solidarietà a Trump e di indignazione che ne è seguita, la corsa di Biden e dei democratici è persa?

"No, non lo è. Non credo che questo terribile attentato avrà un ruolo importante per orientare gli indecisi, quelli che ancora non hanno scelto tra Trump e Biden. Avrà certo un effetto sugli hardliner, sullo zoccolo duro di Trump che lo sosteneva prima e vorrà sostenerlo ancora di più ora. Tra gli ultras di Trump ci sarà una mobilitazione e questo potrebbe essere importante in termini di affluenza, ma non troppo perché gli ultrà di Trump sarebbero andati comunque ai seggi. In qualche stato in bilico, e in particolare in Pennsylvania, può risultare decisivo. Ma a livello nazionale, l’effetto sarà limitato. Un fattore moto più decisivo sarà quello dell’età di Biden che rischia di portare ad una affluenza dei democratici più bassa di qualche punto percentuale. I dem stanno litigando tra di loro se cambiare il candidato o no e questo fatalmente non porta molto entusiasmo, molta partecipazione. E queste sono elezioni che si decidono sulla partecipazione, piuttosto che convincendo gli elettori cambiare schieramento, cosa che nell’America di oggi avviene molto poco”.

Per i democratici quale è la strategia migliore, tenere ancora Biden o provare a sostituirlo?

"Un cambio in corsa potrebbe essere fatto in due modi, o con la decisione di Biden, una volta che vede che non ce la fa, di candidare al suo posto Kamala Harris, consegnandole il suo capitale politico e i fondi raccolti oppure arrivarci alla convention di Chicago, spaccando il partito. Non credo che sia una buona idea dividere il partito perché questo lascia scorie e riduce l’impegno di chi perde a sostenere candidato che vince. Ricordiamoci di Sanders e Hillary Clinton. Ma in ogni caso, serve un passo indietro di Biden, che ad oggi non mi sembra disponibile. Quindi parliamo del nulla, se non si ritira, il candidato è lui. E a novembre, a meno di fatti nuovi, vista la polarizzazione della società americana che porta i due blocchi a votare comunque contro l’altro, Biden ha le sue chances. Non è battuto in partenza”.