Venerdì 21 Marzo 2025
ANTONELLA COPPARI
Esteri

Rearm Come cambia il piano

C’è l’accordo sugli aiuti a Kiev. Difesa comune: il nodo sono i soldi. .

C’è l’accordo sugli aiuti a Kiev. Difesa comune: il nodo sono i soldi. .

C’è l’accordo sugli aiuti a Kiev. Difesa comune: il nodo sono i soldi. .

Il ReArm Eu va avanti, ma è comunque destinato a cambiare. Giorgia Meloni, che guida il governo di uno dei paesi che più ha frenato l’impeto di Ursula von der Leyen, resta prudentissima: d’accordo sulla Difesa comune, ma indebitarsi per questo anche no. "Le risorse sembrano molte ma sono solo virtuali. Per noi bisogna puntare sugli investimenti dei privati con garanzie Ue", dice alle otto di sera, prima della cena con gli alleati che segna la conclusione del vertice. Spiega: "Nella parte delle conclusioni sulla competitività si fa riferimento alla nostra proposta legata a Invest-Eu".

In un Consiglio europeo che doveva essere legato all’economia, il tema in primo piano resta quello di come preparare il vecchio continente a uno scenario nuovo. Si sa che il nome del piano a Giorgia non è andato giù: ora si fa largo una nuova etichetta, Readiness 2030. Una data per alcuni fatidica: davvero dobbiamo prepararci ad una guerra con la Russia per quell’anno? "Bisogna essere un po’ prudenti su alcuni messaggi che stanno disorientando i cittadini europei", argomenta Meloni.

Di tutto ciò aveva parlato anche in mattinata in un bilaterale con la presidente della Commissione, von der Leyen, annunciando il suo no agli strumenti proposti nel libro bianco: "In questo modo, il peso del debito per la difesa ricade tutto sui singoli stati", il ragionamento. L’Italia non è sola: anche la Francia ed altri paesi sono orientati a non usare gli strumenti offerti. Ne servono altri, che non potranno essere gli Eurobond, peraltro invisi al governo: "Non è la nostra proposta", conferma la premier. Il muro dei frugali, in questo caso, è invalicabile. Ecco perché l’Italia sta aumentando il pressing sul piano: in ogni caso, la premier fa sapere che non deciderà se attivare o meno la clausola di salvaguardia che prevede deroghe al Patto di stabilità entro aprile come chiede Bruxelles: "È un orizzonte un po’ ravvicinato".

La questione delle risorse per la difesa si collega, inevitabilmente, al sostegno all’Ucraina: in ventisei paesi ribadiscono che è "incrollabile e duraturo". Solo il premier ungherese, Viktor Orban si sgancia. Viene però notevolmente ridimensionata la proposta dell’Alto rappresentante Ue, Kaja Kallas: dei 40 miliardi messi da lei in preventivo per nuove armi a Kiev ne vengono fuori 5, in munizioni da dare a Zelensky (collegato con il summit) ma su base volontaria, e non obbligatoria commisurata al Pil dei singoli paesi.

Certo, questo taglio apre interrogativi sulla reale disponibilità dell’Europa a reggere davvero da sola il peso dell’appoggio all’Ucraina. Sulle triangolazioni in corso tra Ucraina, Russia e Stati Uniti la posizione Ue è chiara: non sono vere trattative di pace, Kiev deve essere armata e difesa. In ogni caso, Meloni insiste per "garanzie di sicurezza concrete" estendendo l’articolo 5 della Nato anche senza adesione formale all’Alleanza atlantica. Argomento all’ordine del giorno pure l’immigrazione e qui l’Europa parla sempre di più con la voce di Giorgia. "Le decisioni del Consiglio seguono il lavoro dell’Italia – conferma lei – Nella lettera di von der Leyen si prevedono anche hub nei paesi terzi per processare le richieste d’asilo". Nel breve summit con una quindicina di paesi che ha aperto la giornata europea della premier italiana, si sono chiesti passi più veloci sulla definizione di paesi sicuri. "Una lista europea risolverebbe molte questioni", ammette.

Rivendica i risultati ottenuti sulla competitività, con l’inserimento della politica industriale nelle conclusioni e il riferimento alla neutralità tecnologica: "Italia e Repubblica ceca avevano proposto la sospensione delle multe ai produttori di auto non in linea con i target emissivi e l’anticipo della revisione. Richiesta accolta". Ma è sulla guerra commerciale con gli Stati Uniti che gongola; la scelta della Commissione di rinviare le contromisure contro i dazi Usa su acciaio e alluminio della Ue le va proprio a genio: "Bisogna essere prudenti con una risposta automatica. Sono preoccupata dalle conseguenze. Oggi la presidente della Bce, Lagarde, parlava di una stima di contrazione di 0,3 del Pil che andrebbe allo 0,5 se rispondessimo. Mi sembra lucido, da parte della presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, aver optato per un rinvio".

Si vede uno spiraglio nella trattativa: è questo il tavolo su cui si misurerà il peso di Giorgia Meloni e il suo "ponte con gli States" nel fatidico incontro tra lei e il presidente Trump. Quando? "Andrò alla Casa Bianca, ma non ho ancora una data".