Martedì 16 Luglio 2024
ALESSANDRO FARRUGGIA
Esteri

"Rafah è un cimitero di bambini, mai visto un orrore così”. Il drammatico racconto del funzionario Unicef

Il belga Jonathan Crickx di ritorno da Rafah: “Non esistono zone sicure. Le bombe non sono cadute per errore, si rischiano conseguenze incalcolabili"

Roma, 29 maggio 2024 – “Ho visto tanti bambini morti sotto le macerie, i corpi coperti di sangue. Altri portati in braccio dalle loro madri che chiedevano aiuto. Gaza è diventata il cimitero dei bambini. Non riesco a togliermi dalla mente quel che i miei occhi hanno visto, intere famiglie distrutte, piccoli senza più genitori, bombe che cadono su zone che chiamano sicure, ma che sicure non sono perché di zone sicure semplicemente non ne esistono. Dicono: ci spiace, il bombardamento è stato un errore. Ma quanti errori dobbiamo ancora vedere? È molto difficile non essere disperati a Rafah, oggi". È sconfortato Jonathan Crickx, belga, funzionario dell’Unicef che opera a Gaza, di ritorno da Rafah.

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Il belga Jonathan Crickx, funzionario Unicef appena rientrato da Rafah
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Quale è la situazione a Rafah?

"Peggio di quella che viene vista da fuori. Ogni giorno ci diciamo: non può essere peggio di ieri, e invece lo è. Lavoro con Unicef da dodici anni e non ho mai visto nulla del genere, neanche in posti come come l’Afghanistan o Haiti. Ma la mia voce non conta nulla rispetto a quella di colleghi che lavorano in aree di crisi da 30-35 anni, che sono stati nei luoghi delle più drammatiche catastrofi, e tutti, tutti, dicono di non aver vsto nulla del genere, con questa scala, per questa lunghezza. Abbiamo bisogno che la gente capisca: abbiamo davvero bisgono di evitare un attacco finale a Rafah perché le conseguenze sarebbero incalcolabili".

La gente ha accesso a un minimo vitale di cibo e acqua?

"Manca strutturalmente il cibo, l’acqua era già poca, meno dei 3 litri a persona che sono il minimo vitale, e ora per i profughi che sono costretti a spostarsi da Rafah è anche meno. E manca anche il carburante".

Perché è tanto importante il carburante?

"Non certo per usarlo nelle auto. Il carburante serve per i generatori degli ospedali. Senza generatori non hai elettricità, non puoi operare al buio e la gente muore. Senza elettricità in un ospedale non puoi fare andare le incubatrici, e i neonati rischiano di morire. E l’elettricità fatta con generatori serve anche al grande impianto di desalinizzazione, che seppure funzinando al 15% della sua capacità ha finora garantito un minimo di acqua a 1,6 milioni di persone. Se manca il carburante, che serve anche per pulire i filtri dell’impianto, dovranno fermarlo. Un disastro. Cibo, acqua e, sì, carburante servono a Gaza, e servono subito. E invece da parecchi giorni gli aiuti che entrano sono molti di meno rispetto a qualche settimana fa quando che già erano pochi".

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Qual è il destino dei profughi che hanno cercato rifugio a Rafah?

"Sono in perenne, disperato movimento, prima sono scesi a Sud, ora da alcuni giorni gli dicono di andare a Nord verso Al Mawasi, Dehr el Balah, fino a Khan Younis, e 840 mila persone l’hanno fatto. Ha idea di quante sono? Non c’è spazio per le tende. E dove arrivano, ad esempio ad Al Mawasi, piantano le tende letteralmente sui resti polverizzati delle aree abitate. Niente infrastrutture, niente acqua, niente elettricità, niente case. Solo sabbia e pietre. E se avevano poca acqua a Rafah, lì è pure peggio, e la distribuzione degli aiuti è quasi inesistente. Questa gente ha gli occhi solo per piangere".