Lunedì 25 Novembre 2024
ALDO BAQUIS
Esteri

Rabbino ucciso negli Emirati Arabi. Tel Aviv: "Rappresaglia dell’Iran". Ma con il Libano arriva la tregua

Zvi Kogan gestiva un supermercato. Le autorità locali: "Presi i tre assassini". Teheran respinge le accuse. Poi l’annuncio della tv israeliana: Netanyahu ha accettato l’accordo di pace con Beirut, per ora di due mesi.

Rabbino ucciso negli Emirati Arabi. Tel Aviv: "Rappresaglia dell’Iran". Ma con il Libano arriva la tregua

Zvi Kogan gestiva un supermercato. Le autorità locali: "Presi i tre assassini". Teheran respinge le accuse. Poi l’annuncio della tv israeliana: Netanyahu ha accettato l’accordo di pace con Beirut, per ora di due mesi.

"Un attentato terroristico antisemita e criminale. Israele salderà il conto con gli assassini e con i loro mandanti". Così il premier Benjamin Netanyahu ha annunciato ieri al governo il ritrovamento avvenuto poco prima del cadavere del rabbino Zvi Kogan, 28 anni, in un’oasi degli Emirati Arabi. Inviato dalla setta ortodossa Chabad a Dubai, dove gestiva un supermercato kosher a beneficio della comunità ebraica locale di cui era punto di riferimento, il rabbino Kogan era scomparso misteriosamente giovedì. Mentre il Mossad entrava subito in contatto con i servizi di sicurezza locali, la sua automobile era stata trovata quel giorno stesso ad al-Ain, vicino al confine con l’Oman. All’interno c’erano i segni di una violenta colluttazione. Ieri i servizi di sicurezza degli Emirati hanno annunciato di essere riusciti a "catturare a tempo di record i delinquenti". La loro identità, hanno aggiunto, sarà resa nota al termine delle indagini.

Dotato di doppia cittadinanza, israeliana e moldava, il rabbino Kogan era stato arruolato nelle forze armate israeliane ed aveva svolto attività educativa nell’Europa dell’Est. Poi per conto del movimento Chabad – che conta 6.000 emissari in oltre 100 Paesi, tutti incaricati di illustrare i precetti dell’ebraismo a chi ne sia interessato – nel 2020 aveva preso casa ad Abu Dhabi con la moglie. Là aveva stretto rapporti con esponenti dell’Islam moderato ed aveva anche celebrato con loro una cerimonia di commemorazione delle vittime della Shoah, la prima nel suo genere in uno Stato arabo nel 2021. La settimana scorsa era stato a Gerusalemme ed aveva avuto un incontro di lavoro nell’ufficio del primo ministro. Nel corso delle indagini è emerso che il rabbino ortodosso – che per il suo aspetto esteriore spiccava nel panorama locale – era stato pedinato da tre cittadini uzbeki che inizialmente si pensava fossero fuggiti in Turchia. Secondo i media israeliani, erano affiliati ad una milizia sciita e probabilmente avevano legami con l’intelligence iraniana. "L’Iran pagherà per questa rappresaglia" ha tuonato Tel Aviv. Ma im serata Teheran ha respinto le accuse di coinvolgimento.

Netanyahu ha dedicato attenzione anche alla questione degli ostaggi israeliani, dopo che Hamas ha annunciato la morte di una donna sotto i recenti bombardamenti. Per ora Israele non conferma questo sviluppo. "Noi scandagliamo ogni opportunità, ogni pertugio, ogni apertura pur di liberare gli ostaggi – ha assicurato il premier –. Chi a Gaza riesca a salvare un solo ostaggio, riceverà un premio di 5 milioni di dollari".

Ma mentre i ministri erano ancora in seduta, dal Libano pioveva una fitta pioggia di razzi sul nord e sul centro di Israele. Al termine della giornata se ne sarebbero contati almeno 300: cifra record dall’ottobre 2023. Fra i feriti, alcuni palestinesi nella città cisgiordana di Tulkarem. La pesante offensiva degli Hezbollah è stata collegata dai vertici militari israeliani all’andamento dei negoziati per una tregua, che sembrano giunti nella dirittura finale. Secondo Netanyahu, ha riferito la tv pubblica Kan, è "fatto". Si parla di una intesa di almeno due mesi, con una riedizione della risoluzione 1701 dell’Onu che prevede il dislocamento nel Libano Sud dell’esercito nazionale libanese e dell’Unifil, con un allontanamento dal confine dei miliziani degli Hezbollah.

Israele, secondo Kan, ha rivendicato il diritto di poter operare al confine fra Libano e Siria, per bloccare nuovi rifornimenti di armi agli Hezbollah. Ieri a Beirut era giunto anche Josep Borrell, l’Alto rappresentante della politica estera Ue, per premere sugli accordi di pace.