Roma, 25 ottobre 2023 – Due milioni e 200mila persone su un territorio di poco più di 360 km quadrati. L’equivalente di oltre 5.500 persone a km quadrato. La Striscia di Gaza è un territorio ad altissima densità abitativa (per fare un confronto, in Italia si contano 196 abitanti per km quadrato). Questa è la ragione per cui l’assedio di Israele in reazione agli attacchi di Hamas del 7 ottobre è così costoso in termini di vittime civili, e rischia di provocare una catastrofe umanitaria. Le bombe fanno morti e feriti, ma l’emergenza è anche per le centinaia di migliaia di sfollati, che sopravvivono in condizioni sempre più estreme.
Cos’è e dov’è Gaza
La Striscia di Gaza è una lingua di terra costiera che si affaccia sul Mar Mediterraneo, stretta fra Israele a nord est – che la separa dal restante territorio palestinese, la Cisgiordania (o West Bank) – e l’Egitto a sud. E’ abitata in maggioranza da profughi palestinesi, dai loro figli e dai nipoti, che vi si sono insediati a metà del secolo scorso, al tempo della guerra arabo-israeliana. Per decenni è stata rivendicata dallo Stato di Israele che l’ha occupata militarmente fino al 1993, anno degli accordi di Oslo, con cui è stata ceduta al controllo dell’Autorità Nazionale palestinese. Dal 1994 è cominciata una graduale demilitarizzazione. Nel 2005 il governo di Sharon ha disposto unilateralmente l’evacuazione dei coloni israeliani che abitavano nella Striscia da 40 anni. Ma Israele continuerà a controllare lo spazio aereo della Striscia di Gaza, la frontiera terrestre (attraverso la barriera tra Israele e la Striscia di Gaza) e delle acque territoriali.
Dal 2007 Gaza è governata dall’organizzazione politica e militare Hamas, che ha vinto le elezioni dopo aver cacciato militarmente la fazione avversa, al Fatah. Per le organizzazioni internazionali, Gaza è di fatto ancora territorio occupato da Israele per via dell’embargo che Gerusalemme ha imposto dopo l’ascesa di Hamas. E’ un territorio senza pace. Dal 2007 sono state combattute tre guerre vere e proprie tra Hamas e Israele: nel 2012, 2014 e 2021. Ma gli episodi di violenza, reciproci, non si sono mai fermati.
Il blocco israeliano
Proprio l’embargo, il cosiddetto ‘blocco israeliano’, è una delle cause della situazione estrema in cui versa la Striscia di Gaza. Israele controlla tutti i beni che entrano nel territorio. Gaza di fatto dipende da Egitto e Israele per carburante, acqua potabile, energia elettrica, medicine, gas. L’importazione di materiale elettronico ed edile è vietato. L’embargo è all’origine dell’altissima disoccupazione, della carenza di infrastrutture e strutture sanitarie.
Qual è la situazione oggi: le vittime civili
Dopo gli attacchi subiti il 7 ottobre ad opera di un kommando di miliziani di Hamas infiltrati da Gaza, Israele ha avviato operazioni via cielo, bombardando la Striscia piuttosto indiscriminatamente. Nelle settimane intercorse dall’inizio dei raid, ha rivendicato l’uccisione di capi di Hamas. Ma moltissime sono state le vittime tra i civili: i dati sono forniti dal ministero della Salute, che non è però un organo indipendente e affidabile perché controllato da Hamas. Ad oggi il bilancio è aggiornato ad almeno “6546 morti e oltre 17.439 feriti”. Tra i morti Hamas conta “almeno 2.704 bambini”.
Dicevamo l’emergenza sfollati. Quelli contati dall’Onu sono 1,4 milioni, che non riescono ad essere ospitati nei 150 rifugi messi a disposizione dalle Nazioni Unite, i quali riescono a contenerne 600mila a fronte di una capienza di 150mila.
Il grande problema dell’acqua
A Gaza manca tutto: dall’elettricità – la principale centrale per la produzione è stata bombardata – all’acqua, dal cibo ai farmaci. Israele si è opposta per giorni all’ingresso di aiuti umanitari: l’ok è arrivato solo dopo l’intercessione di Biden. Negli ultimi giorni camion con forniture di prima necessità sono stati fatti entrare dall’Egitto, tramite il valico di Rafah. Ma sono stati definiti dall’Onu “una goccia” nell’oceano.
Il consumo medio di acqua per tutte le necessità (potabile, cucina e igiene) è attualmente stimato a tre litri al giorno per persona a Gaza, quando il fabbisogno medio è di 100. La penuria costringe le persone a servirsi sempre più di acqua proveniente da fonti non sicure, con l’alto rischio di malattie mortali e di epidemie.
Già prima della guerra con Israele, la Striscia soffriva di carenza idrica con una media di 84 litri a persona.
“Gaza non è mai stata integrata con il sistema idrico principale di Israele – scrive il Guardian – In tempi di relativa calma, l’80% dell’acqua di Gaza proveniva da una parte della falda acquifera costiera. Ma decenni di estrazione eccessiva hanno portato alla sua contaminazione con l’acqua di mare, e con le acque reflue e del deflusso agricolo. Ora, secondo l’Ufficio centrale di statistica palestinese, il 97% di quest’acqua non soddisfa più gli standard dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS)”.
La mancanza d’acqua è imputabile in gran parte all’occupazione di lunga data e al blocco di Gaza da parte di Israele. Scrive ancora il Guardian. “Componenti cruciali per la riparazione e la manutenzione delle reti di acqua dolce e reflue di Gaza, nonché per i suoi impianti di desalinizzazione, sono stati banditi”.
L’embargo del carburante e gli ospedali al collasso
Israele impedisce l’ingresso di carburante nella Striscia, sostenendo (con prove) che Hamas abbia riserve di benzina che usa per il lancio di razzi e che non distribuisce alla popolazione. Il carburante per usi civili che alimenta i generatori di emergenza, dopo che la più grande centrale elettrica di Gaza è stata bombardata, sta finendo. "Abbiamo ancora un'autonomia di 24 ore, poi dovremo interrompere la nostra attività – è l’allarme lanciato in un'intervista alla Stampa da Adnan Abu Hasna, media advisor dell'Unrwa, l'Agenzia delle Nazioni Unite che opera a Gaza – . Senza carburante, si ferma tutto e sarà crisi umanitaria inimmaginabile: non possiamo movimentare camion, auto e personale. Non funzionano gli ospedali, non funzionano le macchine per la desalinizzazione, non funziona nulla”.
Sono 12 su 35 gli ospedali già chiusi per mancanza di luce, fa sapere l’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità): “Migliaia di pazienti vulnerabili rischiano la morte o complicazioni mediche. Tra questi ci sono 1.000 pazienti dipendenti dalla dialisi, 130 neonati prematuri che necessitano di una serie di cure e pazienti in terapia intensiva o che necessitano di un intervento chirurgico”.
La devastazione emotiva e la lotta per il pane
Per ultimo possiamo solo accennare alla devastazione emotiva e psicologica dei palestinesi superstiti e sfollati. “Per ogni edificio che viene colpito nella Striscia, se ne distruggono o danneggiano 9 attorno. Questo sta provocando un numero incredibile di morti – racconta Adnan Abu Hasn – I bambini sono psicologicamente devastati, scioccati. Molti tremano. Abbiamo meno di un litro al giorno a testa di acqua. La gente è provata, arrabbiata anche per questo. Ci sono continue tensioni per il cibo: se devi aspettare 5 o 6 ore per 10 pezzi di pane, che devono bastarti per i cinque o sei membri della tua famiglia, voglio vedere se non ti esaurisci. È disponibile un bagno ogni 100 persone. Non ci sono posti sicuri nella Striscia. Negli ultimi due giorni, hanno bombardato continuamente, notte e giorno, colpendo oltre 400 target. Hanno ucciso anche nei posti in cui avevano consigliato di andare per evacuare, da Rafah stessa a Khan Younis”.