Roma, 27 dicembre 2022 - La vicenda dei sacchi di soldi trovati nell’abitazione della vicepresidente del Parlamento europeo Eva Kaili e quelli trovati nella casa di Antonio Panzeri, storico dirigente del PCI-PD- Articolo uno, produce una serie di effetti, alcuni a scoppio ritardato. Molti, sapendo di dire una bugia, scoprono solo adesso che nella sinistra ci sono flussi di danaro illegale. Già nella prima repubblica una parte del finanziamento al Pci veniva da Mosca come documentarono i libri di Valerio Riva e Gianni Cervetti, mentre Enrico Berlinguer scatenava la guerra per contrastare la cosiddetta questione morale quasi che i dollari del Cremlino fossero benedetti e perciò mondati. Ma erano tante altre italiane le fonti del finanziamento al PCI a cominciare dal movimento cooperativo per finire a molti imprenditori uno dei quali era un mio amico ed elettore. Quando gli fu chiesto dal PCI di Napoli un forte contributo venne a chiedermi se poteva farlo. Gli dissi di si perché sapevo che i partiti, tutti i partiti, avevano bisogno di risorse per poter sopravvivere in un paese che per ipocrisia aveva fissato limiti bassissimi per i finanziamenti ai partiti. Quando Di Pietro mi chiese di questo argomento gli risposi che gli avversari li battevo nelle piazze e nelle urne e mi avvalsi della facoltà di non rispondere. La democrazia italiana seppe difendersi dal terrorismo brigatista e dallo stragismo di destra perché c’erano quei partiti e chi li finanziava faceva opera civile e seria. È inutile dire che di quei finanziamenti illegali furono chiamati a rispondere solo quelli che non avevano aderito al centro-sinistra, compresi gli amici democristiani che non ebbero, grazie a Dio, mai un avviso di garanzia mentre tutti i loro amici di partito venivano massacrati compreso il mite Severino Citaristi, persona di specchiata onestà e che era il segretario di tutti.
Ma questa è una storia profondamente diversa da quella di Bruxelles che ad oggi appare come un illecito arricchimento di singole persone che nulla avevano a che fare con i partiti. Molte cose restano però ancora da capire. Per contrastare una mozione che non poteva non essere votata dalla stragrande maggioranza del parlamento europeo e le poche voci, peraltro niente affatto autorevoli, a sostegno della evoluzione riformatrice del Qatar, non possono giustificare quel fiume di danaro che abbiamo tutti visto. Oppure i soldi trovati dovevano essere distribuiti sempre quando l’obiettivo fosse stato raggiunto e visti i risultati dovevano essere restituiti? O cosa altro è possibile imaginare? In attesa di indagini restiamo alle cose certe. I partiti in questo brutto affare non hanno alcuna responsabilità tranne quella di aver selezionato alcuni dirigenti troppo fragili dinanzi alle tentazioni del “vil danaro”.
C’è poi un altro effetto di questa vicenda, stavolta sulla vita democratica del parlamento europeo, effetto che emergerà con lo scorrere del tempo. Ogni dichiarazione o mozione di minoranza verrà da ora in poi guardata con sospetto ricordando gli interventi di Eva Kaili e di Andrea Cozzolino sul Qatar. Come è noto, la vitalità di una democrazia parlamentare si misura sulla base dello spazio che hanno le minoranze. Se esse dovessero tacere per non essere sospettate avremmo una democrazia zoppicante. Altro elemento inquietante è il fatto che l’indagine è stata fatta inizialmente dai servizi di intelligence e non dalla magistratura. Chi ha attivato i servizi segreti del Belgio? Questa è una domanda fondamentale per capire il contesto geopolitico in cui oggi l’Europa si muove. Sono stati i russi di Putin, visti i rapporti tra Putin e l’emiro al-Thani del Qatar, per punire l’Europa per la vicinanza all’Ucraina o alcuni servizi occidentali per dare un colpo alla solidità politica dell’Europa e alla sua credibilità? Tutto da chiarire, sul piano giudiziario e su quello politico anche se la vista di quei sacchi resta comunque un colpo allo stomaco alle democrazie liberali.