Roma, 23 ottobre 2024 – Un’organizzazione con ambizioni non solo economiche, ma anche geopolitiche. I Brics stanno diventando sempre più importanti sulla scena mondiale. Giorgio Cella, analista di politica internazionale per Fondazione Med-Or e autore di Storia e geopolitica della crisi ucraina (Carocci), spiega come sta evolvendo l’organizzazione.
Professor Cella, è iniziato il vertice dei Brics di Kazan. Può questa alleanza, nata come economica, diventare anche politica?
“Se torniamo indietro al 2010, il gruppo dei Brics era una formazione prettamente economica. Piano piano, hanno assunto anche una connotazione politica. Quanto riusciranno a divenire una realtà con una visione unitaria sugli affari internazionali rimane da vedere. Per adesso stanno procedendo a passi graduali verso una maggiore integrazione e cooperazione. Ma ci sono alcune nazioni, come la Russia, che con i Brics cercano di rilanciare il proprio ruolo globale dopo il relativo isolamento (soprattutto occidentale) causato dalla guerra in Ucraina”.
Il Global South esercita una forza attrattiva sempre più evidente. Secondo lei è destinato a cambiare gli equilibri geopolitici mondiali?
“Sicuramente sta già influendo in parte negli equilibri di potenza. Ci saranno vari meeting bilaterali tra leader e di certo c’è in gioco una possibile modifica dei rapporti internazionali. Va però sottolineato che vari tra questi Paesi hanno visioni diverse, che dipendono da divergenti interessi regionali, nazionali e quindi continentali e globali. In sintesi, i Brics hanno una forza attrattiva che cresce, ma all’interno per ora rimangono diversità di vedute e mancanza di coesione”.
C’è una corrente più antioccidentale, capitanata dal tandem Russia e Cina che si contrappone a India e Brasile, che preferiscono un posizionamento non allineato. Che linea può prevalere?
“Penso che un elemento importante di queste possibili evoluzioni lo determinerà anche l’esito delle due guerre in corso e le ripercussioni che avranno in termini di forza di uno schieramento o dell’altro. Il riferimento va a Occidente e Russia, ovviamente. In Medio Oriente, Netanyahu si sta opponendo al regime degli Ayatollah e sappiamo che Teheran è un alleato regionale di Mosca. Iran e Russia potrebbero tra l’altro firmare una comprehensive strategic partnership proprio durante il summit di Kazan. Se questo dovesse accadere significherebbe una aumentata dimensione strategica interna al gruppo Brics”.
A Kazan c’è anche la Turchia, alleata della Russia, ma che è anche un Paese della Nato.
“La Turchia ha un ruolo particolare su cui l’Occidente non ha potuto porre particolari restrizioni negli ultimi decenni. Dalla fine della guerra fredda si è presa tutte le licenze per condurre una politica estera ad un tempo slegata dall’Alleanza Atlantica e totalmente coerente con gli interessi della Nato, a corrente alternata. Con la Russia ha un rapporto di rivalità competitiva. Hanno interessi economici, strategici e identitari divergenti su vari quadranti geopolitici, ma lavorano insieme in nome della realpolitik”.
Che valore dobbiamo dare all’incontro di domani del segretario generale dell’Onu, Guterres, con Putin?
“È lecito pensare che Guterres sia lì per testimoniare che la diplomazia e il grande forum multipolare rimangono le Nazioni Unite e, a contempo, la sua presenza conferma l’attenzione che la comunità internazionale presta all’emersione del Global South”.