Mosca, 24 giugno 2023 – Amici, amici per convenienza, quasi amici. Pochi nemici dichiarati, ma gente che potrebbe cambiare idea. Prigozhin è isolato, ma in aiuto del presidente Putin, in sostanza sono arrivati solo due estranei. Il primo, solo in ordine temporale, è Ramazan Kadyrov, il presidente della Cecenia, che era pronto ad andare a dare una lezione alle armate ribelli di Prigozhin. Il secondo, ben p iù importante, il presidente bielorusso, Aleksandr Lukashenko, ha mediato il dietrofront dei mercenari sulla via di Mosca.
I termini dell’accordo non sono chiari, ma sembrerebbe che Prigozhin abbia accettato di ricondursi a più miti consigli in cambio della garanzia che la Wagner rimarrà una milizia privata e probabilmente anche che il ministro della Difesa, Sergeij Shoigu e il Capo di Stato Maggiore, Valerij Gerasimov, vengano sollevati dal loro incarico.
Kadyrov, Surovikin, Prigozhin: chi sono alleati e avversari di Putin
Pericolo scampato, dunque, ma l’immagine del presidente Putin è quella di un leader solo o, nella migliore delle ipotesi, in pessima compagnia. Del suo cerchio magico ha parlato solo l’ex presidente, Dmitrij Medvedev, che inizialmente era stato accusato da alcuni media di essere scappato all’estero. Una notizia smentita dal portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov in persona, secondo il quale Medvedev era nel suo ufficio "come tutti i giorni". "Ora – ha scritto sul suo canale Telegram – la cosa più importante per la vittoria sul nemico esterno e interno, che vuole fare a pezzi la nostra madrepatria, per la salvezza del nostro Stato, è unirsi intorno al presidente, il comandante supremo in capo delle Forze armate del Paese. La divisione e il tradimento sono la via per la più grande tragedia, una catastrofe universale. Non permetteremo che accada". Nicolaij Patrushev, il potente segretario del consiglio di sicurezza nazionale ieri si trovava in visita ufficiale in Kazakhstan.
Una circostanza che secondo alcuni non è un caso e che, assieme al suo silenzio, fa pensare a un appoggio di massima, con la clausola però che le cose potrebbero cambiare se la situazione si dovesse mettere molto male. E nonostante il disagio malcelato nei confronti di Prigozhin, questo potrebbe diventare se non un alleato di convenienza, un mezzo per buttare giù Putin e comandare la Russia attraverso suo figlio Dmitrij Patrushev, più volte indicato come uno dei ‘giovani’ più rampanti dell’establishment russo. Appoggio seppure silente anche dal capo del controspionaggio, Sergeij Naryshkin, che, come Patrushev, deve a Putin il potere di cui è stato investito, ma potrebbe cambiare fazione se la situazione lo richiedesse.
Taciturni anche il ministro degli Esteri, Sergeij Lavrov, che da anni sogna la pensione, e due personaggi solo apparentemente di secondo piano. Il primo è il premier Mikhail Mishustin, scettico nei confronti della guerra in Ucraina che prima del Covid era stato chiamato a Putin a rifondare l’economia nazionale. Il secondo è il sindaco di Mosca, più volte indicato come possibile successore di Putin per il suo ruolo di uomo di garanzia e il fatto che sia uno dei pochi politici russi conosciuti anche in parte del resto del Paese. Prigozhin ha dalla sua solo un paio di generali e di graduati dei servizi segreti, ma può contare sui suoi uomini, anche se una parte non ha gradito la scelta di ritirarsi. Alcuni canali Telegram vicini alla Wagner sono stati inondati da commenti negativi sulla decisione. L’unica cosa chiara, al momento, è che il dietrofront di Prigozhin, come anche la sua ‘marcia’ avevano motivazioni più pratiche che ideologiche. E che da ieri il presidente Putin è ancora meno sicuro di prima.