Mosca, 24 giugno 2023 – ”È un accordo su ghiaccio sottile, che può essere una spregiudicata mossa tattica di Putin per fermare un’avanzata che non sapeva come contrastare e poi alla prima occasione smantellare Wagner e far fuori Prigozhin". Così Alexander Gabuev, russo, ex collaboratore al Cremlino del presidente russo Medvedev quando era nella sua ’fase pro Occidente’, già capo della sede russa del think thank americano Carnegie (sede chiusa da Putin) oggi direttore del ’Carnegie Eurasia center’ a Berlino.
All’ultimo secondo, Lukashenko sembra aver fatto il miracolo. La Wagner si è fermata. Abbiamo scherzato?
"Non lo sappiamo. Siamo in un territorio selvaggio di imprevedibilità nel quale non sappiamo se l’accordo tiene e cosa preveda in dettaglio. La mia aspettativa è che non sia stabile come dice Lukashenko. Io credo che il rapporto tra Putin e Prigozhin sia molto, molto difficile da recuperare. Dopotutto, anche se non l’ha chimato per nome, Putin ha detto che Prigozhin è un traditore e per un uomo del Kgb come è lui traditore è una parola grossa. E quindi...".
L’accordo può essere solo una tattica?
"Se Putin accetta le condizioni di Prigozhin, se promette la sostituzione di Shoigu, ne esce fortemente indebolito, sarebbe quasi commissariato. Per lui sarebbe più umiliante che andare allo scontro aperto, anche se questo comportasse la perdita della vita di civili. Per questo dico che può essere solo una mossa tattica disperata, per raggrupparsi e poi tornare e regolare i conti con Wagner, incluso Prigozhin. A Putin non mancherebbe certo il coraggio".
Wagner aveva detto: la guerra civile è iniziata. Dove poteva portare?
"Lo avremmo scoperto entro lunedì. Anche piccole decisioni tattiche come la scelta del comandante di un checkpoint o di un generale a una stella avrebbero contribuito a decidere l’esito finale della insurrezione. Ma l’ipotesi più probabile era che l’ammutinamento sarebbe stato soppresso, anche nell’improbabile eventualità che Wagner riuscisse a prendere Mosca. Ma Lukashenko ha pescato il jolly".
Si aspettava un golpe da Prigozhin?
"No. Era chiaro che Prigozhin da tempo vedeva se stesso come indispensabile, era stato abile nel raccogliere molte risorse e crearsi una rete di connessione e di potere nelle elite russe, che univa al legame con Putin e aveva come obiettivo finale scalare il potere. Nel governo erano molto preoccupati delle sue mosse e non a caso il ministro Shoigu e il generale Gerasimov hanno convinto Putin a ridimensionarlo. Sapevamo che Prigozhin contrastava con vigore questa eventualità ma nessuno pensava che tentasse il tutto per tutto in questo modo".
Prigozhin ha agito per conto proprio, accecato dal potere e dalla paura di essere fatto fuori, o c’è qualcuno dietro di lui?
"Credo che abbia agito da solo per evitare che Wagner fosse smantellata e lui ridimensionato dopo essersi sentito in cima al mondo con la presa di Bakhmut. Ha capito che nel momento in cui avesse perso il controllo di Wagner sarebbe diventato vulnerabile e sacrificabile. E così ha agito".
Per l’Occidente cosa è meglio, avere un Prigozhin o un Putin al Cremlino?
"Un Prigozhin al Cremlino sarebbe molto imprevedibile, mentre Putin è rigido ma prevedibile. Il problema dell’Occidente è che in questa partita di potere non ha un ruolo. Ricordiamoci del discorso di Bush padre a Kiev, quando disse che non avrebbe voluto che l’Unione sovietica si dissolvesse. Ma è poi successo. I politici in Occidente devono capire che l’esito non dipenderà da loro e prepararsi per ogni eventualità".
Che succederà alla guerra in Ucraina, ora? E che sarebbe successo se vinceva Prigozhin?
"Per ora la guerra continuerà. Per Kiev questa insurrezione è però una ottima notizia comunque, perché indebolisce politicamente ma anche militarmente Mosca, e comunque inciderà sul morale delle truppe russe".
Ma per le prospettive di pace, cosa cambia, se cambia?
"Se vinceva Prigozhin non credo che avrebbe avuto tra le sua priorità la prosecuzione a ogni costo della guerra. Forse sarebbe stato flessibile abbastanza da proporre una soluzione diplomatica che, dando ogni colpa a Putin, non fosse risultata una piena vittoria per Kiev né una totale sconfitta per Mosca. Con Putin vedremo la prosecuzione del pattern attuale. Ma il regime sarà più debole, anche se diventerà ancora più oppressivo e dittatoriale. E forse anche Putin potrebbe fare qualche concessione all’Ucraina, offrendo proposte più credibili, per concentrarsi sul mantenimento del potere a Mosca. Se lo facesse, allora sarebbe il momento per l’Occidente di intervenire sul presidente Zeklenski per trovare un compromesso accettabile".