Venerdì 10 Gennaio 2025
ANDREA FONTANA
Esteri

L'ANALISI / Putin e l'Isis: la strategia del grande burattinaio

Il fatto che ora Mosca si proponga di partecipare alla coalizione anti-Isis è il nuovo giro di pollice del burattinaio, un nuovo filo tirato in scena...

Vladimir Putin (Olycom)

L’ultima copertina dell’Economist lo raffigura come un burattinaio che muove i fili legati alle dita della mano destra, protesa in avanti. Ma non si vede chi, là sotto, balla agli ordini della sua mano. Di certo, ballano in molti.  Vladimir Putin, il burattinaio per l’appunto, sta giocandosi sull’Ucraina la partita della vita, con una spregiudicatezza che Stati Uniti ed Europa da decenni non sono più abituati a fronteggiare, e che le loro diplomazie non sanno come prendere. Lo zar sta bruciando, in questa politica estera da bullo, le declinanti risorse economiche russe divorate dal calo del petrolio e dalle sanzioni occidentali: risorse che Putin sa bene di non poter recuperare più, col rischio di doversi gettare  nelle braccia del drago cinese. Aerei militari russi sfiorano a decine ogni giorno i confini nazionali della Nato, mettendo in pericolo i voli civili. La macchina militare russa, obsoleta ma perfettamente adatta a un conflitto tradizionale (campi, fiumi, strade, artiglieria) come quello nell’Est dell’Ucraina, agisce apertamente contro Kiev un minuto dopo che il burattinaio ha stretto mani e firmato tregue perfino con Angela Merkel, unico leader europeo che riesce a comprendere Putin e che, forse, Putin stima davvero. Ma come fa, questo impassibile giocatore di poker, a spingersi sempre oltre il limite? Ha un’assicurazione sulla vita,  un qualche cosa da offrire al solo interlocutore che per lui, nato e cresciuto nel Kgb, conta: gli Stati Uniti. La Russia è un partner chiave nella lotta al terrorismo islamista.

Il fatto che ora Mosca  si proponga di partecipare alla coalizione anti-Isis è il nuovo giro di pollice del burattinaio, un nuovo filo tirato in scena. La Russia può fornire un blocco navale nel Mediterraneo perché ha  vascelli a sufficienza pronti nell’area: scafi vecchiotti, molti di età sovietica, ma che per lo scopo bastano e avanzano. Nel traffico d’armi via mare, del resto, Mosca ha un’esperienza ‘dall’interno’ unica al mondo (suo il più grande porto europeo dedito a tale commercio, l’enclave di Kaliningrad sul Baltico), e gli Stati Uniti hanno sempre meno navi adatte allo scopo.  Obama sta dislocando le flotte nel Pacifico, nei porti giapponese e australiani, per circondare la Cina; inoltre i grandi gruppi aeronavali americani - ognuno strategicamente pensato per gestire intere guerre – sono poco frammentabili in operazioni minute di polizia.

Putin ci guadagna, come sempre: esce dal Mar Nero e rafforza la sua presenza nel Mediterraneo, dove ha un solo porto nell’instabile Siria (a proposito, salvare la Grecia dal naufragio economico significherebbe, per lui, porre un’ipoteca sui porti ciprioti ed ellenici). Ma non solo. Attore legittimato nella coalizione anti-islamista, potrebbe fare sancire una volta per tutte a livello internazionale il carattere fondamentalista religioso del ‘domestico’ terrorismo ceceno,  accumunandolo a quello qaedista contro il quale – gli Usa insegnano – ogni mezzo  è lecito. E in ogni caso non può starsene fermo a guardare:  il rischio di un contagio Isis negli stati ex sovietici di religione islamica, al confine meridionale russo, non va  sottovalutato. La Russia è un’enorme terrazza affacciata sulla grande Mezzaluna Islamica che, da Siria e Iran, arriva al Pakistan. Può fornire campi di aviazione e logistica a qualunque coalizione. Davvero gli Stati Uniti hanno interesse a indebolire Putin al punto da rischiare il caos nel più esteso Paese del globo, rendendone permeabili i confini all’islamismo e agli appetiti cinesi? Il burattinaio guarda l’Ucraina, e, appena appena, increspa le labbra in un sorriso.