Giovedì 8 Agosto 2024
GIOVANNI PANETTIERE
Esteri

Puigdemont beffa la polizia: torna a Barcellona dopo 7 anni, arringa la folla e sfugge all’arresto

Sull’ex governatore della Catalogna pende un mandato di cattura per la fallita secessione del 2017. Posti di blocco in tutta la regione nel tentativo di fermarlo. In manette due agenti: hanno favorito la fuga

Barcellona, 8 agosto 2024 – Apparso e scomparso, un fantasma. Come si è ripresentato in Spagna all’improvviso dopo sette anni di esilio forzato in Belgio, così il leader indipendentista catalano, Carles Puigdemont, ancora soggetto ad un mandato di arresto per il suo ruolo nel fallito tentativo di secessione della Catalogna del 2017, è riuscito in una rocambolesca toccata e fuga a Barcellona. Beffando la polizia regionale, i Mossos d’Esquadra, non prima però di aver raggiunto, scortato dai suoi compagni di partito, il palco allestito ad arte sotto l’Arco di Trionfo e aver arringato quasi 4mila sostenitori che lo attendevano lì, a poca distanza dal Palazzo del Parlamento regionale dove si teneva la sessione di investitura del neo governatore, il socialista Salvador Illa.

A nulla sono valse le decine di posti di blocco su strade e autostrade. Puigdemont è sparito, paradosso del paradosso, a bordo di un’automobile intestata ad un Mossos che è stato arrestato dai colleghi per complicità nel coup de theatre del leader indipendentista. Anche un altro poliziotto è finito dietro le sbarre, pur se le autorità non hanno fornito ulteriori dettagli sulla sua cattura.

«Sono qui per ricordare che siamo ancora qui, non abbiamo diritto a rinunciare, perché il diritto all’autodeterminazione è dei popoli – ha detto il deputato dell’Assemblea regionale catalana per il quale la Corte suprema non ha ancora accettato di applicargli la legge di amnistia approvata dal Parlamento spagnolo –. Da sette anni ci perseguitano per aver voluto ascoltare la voce del popolo catalano, da sette anni è iniziata una durissima repressione. Viva la Catalogna libera". Esaurito il comizio, davanti a decine di telecamere, Puigdemont è sceso dal palco come se nulla fosse. Ed è scomparso alla vista. In auto sarebbe riuscito ad allontanarsi, seminando gli inseguitori in una Barcellona blindata.

Una vicenda surreale che ha portato le forze di sicurezza ad organizzare in fretta e furia una poderosa caccia all’uomo (l’operazione ’Gabbia’) degna della lotta al terrorismo, con code chilometriche su tutte le strade della Catalogna a causa dei controlli serrati. Ma, vista la mancanza di risultati, a fronte dei forti disagi per i cittadini, nel giro di quattro ore tutti gli sforzi per catturare Puigdemont, presidente della Catalogna dal 2016 al 2017, anno del clamoroso referendum – non riconosciuto da Madrid – che sancì l’indipendenza della regione, sono stati sospesi.

Una «buona parte» della "missione" che avevano preparato per la giornata di ieri il leader secessionista catalalano e i suoi collaboratori "è stata compiuta", ha commentato Jordi Cabré, un membro del team giuridico dell’ex governatore, in una dichiarazione alla testata digitale El Nacional . Il giurista ha anche lasciato intendere ulteriori possibili sviluppi nella vicenda Puigdemont e della lotta d’indipendenza catalana.

Nel frattempo divampava lo scontro politico. Ad accendere la miccia Santiago Abascal, numero uno del partito di estrema destra, Vox, che se l’è presa con il premier socialista, Pedro Sánchez: "È il principale responsabile dell’impunità di Puigdemont. Agisce come un miserabile". Il ritorno dell’ex presidente della Catalogna – su cui pende un mandato di cattura formalmente per malversazione, un reato punibile con 12 anni di carcere – era stato annunciato da giorni. L’accordo, più o meno palese, era che Puigdemont avrebbe pronunciato un discorso davanti al Parlamento poco prima dell’inizio del dibattito di investitura e poi sarebbe stato fermato con discrezione dagli agenti in borghese. Così doveva essere e così è stato. Almeno, almeno in parte.