Mercoledì 25 Dicembre 2024
LORENZO BIANCHI
Esteri

Prodi, stoccata a Renzi sulla Libia. "Non mi volle mediatore dell’Onu"

Il professore: il caos Siria? Non possiamo fare a meno di Assad

Romano Prodi (Lapresse)

BOLOGNA, 10 OTTOBRE 2015 - SULL’ISIS l’Occidente si è legato le mani e Putin no. Ricordi e sguardi lunghi sul futuro. Romano Prodi se li concede incalzato da Andrea Cangini, direttore del ‘Quotidiano Nazionale’ e de ‘il Resto del Carlino’, sotto il tendone eretto in piazza Maggiore per il Festival delle generazioni della Cisl. La Siria prima di tutto. «Putin – ammette Prodi – è in una posizione fortunata perché è amico di Assad che ha l’unico esercito che esiste in Siria». Quindi il presidente era e resta un tiranno, ma non ci sono alternative. Il ruolo degli Stati Uniti nella politica mondiale è in crisi. Come dice Prodi, Obama è il presidente di un Paese che «non tollera più il ritorno di un suo ragazzo morto. Putin invece in Siria è amico di quello di cui si ha bisogno, anche se è un dittatore». Quindi si deve fare «buon viso a cattivo gioco». Si dovrebbero togliere le sanzioni alla Russia? Prodi è didascalico: «Hanno reso Putin vergine e martire. Evocando lo spirito della madre Russia lo hanno rafforzato». Quindi il realismo politico dice che sarebbe saggio revocarle.   L’ALTERNATIVA militare sarebbe l’invio di un contingente enorme «200 o 300 mila persone», calcola l’ex premier. Sul ruolo internazionale dell’Italia che forse manderà i Tornado a bombardare l’Isis in Iraq l’ex presidente della commissione europea fa affiorare un laconico giudizio negativo: «Ci sono interventi fatti per esserci». «In ogni caso – aggiunge - i problemi non si risolvono con i bombardamenti. Senza un accordo fra Gli Stati Uniti e la Russia, la Siria ce la portiamo avanti per 40 anni, come la Libia». Sull’altra sponda del Mediterraneo Prodi avrebbe potuto essere l’inviato delle Nazioni Unite. Un ruolo che tredici mesi fa è stato chiesto per la seconda volta dal primo ministro libico con una lettera al pari grado italiano Matteo Renzi. Non ebbe risposta da Roma e Prodi ora tenta di consolarsi: «Probabilmente mi sono salvato da una grana immensa». In ogni caso l’ex capo del governo italiano ribadisce che la richiesta di Tripoli avrebbe potuto essere accolta perché «la regola che esclude un esponente dell’ex potenza coloniale non esiste». Sull’accordo raggiunto per il nuovo esecutivo libico di unità nazionale è scettico: «E’ assai fragile. Spero naturalmente che vada in porto. Ma le migrazioni dureranno moltissimo e non si possono regolare se c’è uno stato anarchico, un insieme di tribù. Si debbono mettere tutti i capi intorno a un tavolo e far sì che tutti firmino. Ma temo che si vada ad esaurimento. Occorrerebbe capacità di mediazione. Sa quante volte Gheddafi mi ha minacciato di mandarmi barconi pieni di migranti?».  Prodi racconta quello che gli ha detto il capo dello stato del Niger: «La nostra popolazione raddoppierà in 18 anni. Dove vanno? Ma da voi naturalmente». In Europa la Merkel prima ha aperto le porte ai siriani «unendo carità e interesse», ma poi ha ceduto all’opposizione interna e si è fermata. Il giudizio di Romano Prodi sulla cancelliera non è sfumato: «Kohl sarebbe stato molto più capace. Ha voluto l’Europa perché suo fratello era morto in guerra, per la pace e non per le banche, e per questo è stato capace di andare contro il comune sentire del suo Paese». L’ex presidente della commissione vede il futuro solo «in un assetto federale». Berlino oggi per l’Europa non sarà insomma quello che fu la Prussia di Bismarck per la Germania, ma c’è bisogno che il Vecchio Continente si unisca per affrontare una seconda globalizzazione «nella quale tutte le reti che avvolgono il mondo sono americane e potenzialmente cinesi».   IL PROGETTO Galileo, la rete europea di satelliti, «è in arretrato di dieci anni» e i profitti di Apple sono «pari al Pil di uno stato di media grandezza». La democrazia balbetta in Occidente. Prodi racconta un’obiezione dei suoi interlocutori cinesi: «Con i tempi lunghi necessari per risolvere i problemi come fate voi che avete elezioni ogni cinque minuti?». Non solo. «Se un’entità finanziaria innesca una speculazione nessuno è in grado di resistere». L’ex premier non vuole rispondere sui temi di attualità interna più scottante. Nulla sulla conferma della candidatura di Virginio Merola a sindaco di Bologna e nulla anche sulla riforma del Senato. «I partiti – sostiene con una venatura di rimpianto – non li stiamo sostituendo con niente». Un accenno di polemica con Renzi emerge anche dalla valutazione sulle primarie: «Se non si trova uno strumento migliore, accantonarle è un peccato. I partiti e i sindacati facevano sentire la voce di tante persone. Ora debbono essere riorganizzati in forma democratica. Non hanno mai voluto. Sono errori che a lunga scadenza si pagano».