Roma, 23 agosto 2023 – La morte di Evgenij Prigozhin confermata alla tv russa ribadisce il famoso assunto di Carl von Clausewitz: non ci sono vittorie a metà. Il nemico sconfitto va eliminato. Putin ne sembra la conferma. E senza le abituali finzioni fa sapere che ad abbattere l’aereo del fondatore della famigerata brigata Wagner è stata la sua contraerea. Per sbaglio, si capisce. Prevedibile, anzi previsto. Solo una settimana fa Christo Grozev, direttore di Bellingcat, il sito internazionale di investigazioni giornalistiche sulla Russia, aveva dichiarato: entro sei mesi Prigozhin sarà morto o ci sarà un altro golpe contro Putin. Ancora una volta ci ha preso.
La prima fu alla vigilia di quel famoso 24 giugno. Prigozhin e un reparto della sua Wagner erano arrivati a un centinaio di chilometri da Mosca. Nessuna resistenza. Altra dimostrazione di inefficienza delle forze armate russe. Si sa come andò a finire. A salvare Putin dalla defenestrazione fu l’amico Lukashenko, presidente dittatore della Bielorussia. Si mise in contatto con Prigozhin.
Gli propose di fermarsi e di trasferirsi appunto in Bielorussia. In cambio gli sarebbero arrivati alcuni miliardi, di dollari non di rubli. Il mercenario accettò. Non conosceva Clausewitz. E come avrebbe potuto avendo passato anni nelle cucine del Cremlino! Gli bastò avere messo paura a colui per il quale una volta preparava pietanze raffinate. E invece quest’ultimo non è tipo da dimenticare.
I suoi venti e passa anni di potere sono una cronologia di oppositori e nemici fatti fuori. Avvelenati , vittime di incidenti misteriosi, spariti nelle prigioni di quel Sfb, che è il nome postcomunista del Kgb di epoca sovietica dal quale – guarda caso – anche Putin proveniva. Sventata la minaccia di un nuovo golpe? Su quell’aereo c’era l’intero comando della Wagner. Ma la Wagner, forte di alcune decine di migliaia di combattenti, non è il solo Prigozhin. Putin lo sa. E lo sa anche Lukashenko. ([email protected])