Martedì 4 Febbraio 2025
REDAZIONE ESTERI

Possibile accordo tregua a Gaza: Netanyahu e Sullivan discutono scambio prigionieri e aiuti

Famiglie degli ostaggi israeliani sperano in un accordo di tregua a Gaza con scambio di prigionieri e aiuti umanitari.

Gaza, una donna palestinese piange la morte di un familiare a Khan Younis

Gaza, una donna palestinese piange la morte di un familiare a Khan Younis

di Aldo BaquisTEL AVIV

Le famiglie dei 100 ostaggi israeliani ancora a Gaza hanno ricevuto ieri una boccata di ossigeno quando il Consigliere per la sicurezza nazionale Usa Jake Sullivan è emerso da un incontro a Gerusalemme con Benjamin Netanyahu con la sensazione che il premier sia adesso propenso ad un accordo per una tregua a Gaza che includa un accordo per uno scambio di prigionieri e un incremento degli aiuti umanitari per la popolazione della Striscia.

Pur mantenendo un atteggiamento cauto (alla luce delle continue delusioni diplomatiche del passato) Sullivan ha anche lasciato intendere che un accordo potrebbe essere raggiunto "entro questo mese". Sulla scia dell’intesa per la tregua in Libano e dopo che il presidente eletto Donald Trump ha annunciato che reagirebbe con la massima determinazione nei confronti di Hamas se un accordo non fosse raggiunto entro il 20 gennaio (data della sua investitura) la diplomazia regionale è entrata in rinnovata attività.

Al Cairo si sono viste negli ultimi giorni delegazioni di Hamas, della Jihad islamica e anche di Israele. Lo stesso Sullivan si accinge a compiere una spola a Doha e poi al Cairo. E nel Qatar è arrivato a sorpresa anche il capo del Mossad, David Barnea.

Da tutti questi contatti è emerso, secondo il Wall Street Journal, che Hamas ha compiuto a livello tattico due passi indietro. Il primo: non esige più il ritiro totale di Israele dall’intera striscia di Gaza nei 60 giorni iniziali della intesa di cessate il fuoco. L’esercito potrebbe dunque, almeno in quella fase, restare nell’Asse Filadelfia (il confine fra Egitto e Gaza) e nell’Asse Netzarim, che taglia la Striscia in due tronconi. Un’intesa ad hoc potrebbe inoltre essere escogitata per la gestione del valico di Rafah, fra Egitto e Gaza.

Il secondo ‘cedimento’ di Hamas riguarda – secondo il Wall Street Journal – la consegna ai negoziatori di una lista di 30 ostaggi che per primi sarebbero rilasciati (al ritmo di due al giorno), tutti per spiccate "ragioni umanitarie". Si tratta di donne, anziani e malati, nonché dei corpi di 5 ostaggi morti in prigionia. Secondo Israele, è possibile che solo la metà dei 100 ostaggi siano ancora in vita dopo 14 mesi di privazioni in luoghi di detenzione scavati sotto terra. In cambio Israele dovrebbe rilasciare un numero cospicuo di prigionieri palestinesi ed autorizzare l’ingresso di maggiori aiuti umanitari.

Finora in Israele le anticipazioni del giornale non hanno avuto una conferma ufficiale. Alcuni analisti avanzano l’ipotesi che Netanyahu – che finora aveva mantenuto un atteggiamento rigido malgrado le continue manifestazioni di piazza dei familiari degli ostaggi e malgrado le critiche espresse anche dal suo ex ministro della Difesa Yoav Gallant (che da mesi lottava per il raggiungimento dell’accordo) – adesso potrebbe aver mutato avviso anche per non deludere le attese di Trump. Negli ultimi giorni il premier ha incontrato due delegazioni di familiari degli ostaggi assicurando loro che è impegnato "giorno e notte" per recuperare i loro congiunti.

Tuttavia da Hamas – che di recente si è trovato in notevole difficoltà per i colpi patiti dai suoi alleati, Hezbollah in Libano e Iran in Siria - non sono giunte finora affermazioni chiare che inducano all’ottimismo. Anzi, nella striscia di Gaza i suoi quadri continuano ad agire con grande determinazione, in particolar modo per appropriarsi degli aiuti umanitari e per garantirsi il monopolio della loro distribuzione. Ieri Hamas ha anche lanciato razzi sul Negev, dimostrando di non aver alzato bandiera bianca.