Una nuova fiammata di violenza si è sviluppata in Cisgiordania in seguito all’efferato assassinio di un pastore ebreo di 14 anni, Benyamin Achimeir, che venerdì aveva condotto il suo gregge ad un pascolo in una zona sperduta della Cisgiordania, a est di Ramallah. Alcune ore dopo il gregge era tornato al ranch (denominato ‘Malachey ha- Shalom’, ‘Angeli della pace’), ma senza di lui.
Durante le ricerche, condotte da centinaia di volontari nei villaggi palestinesi vicini, coloni estremisti hanno appiccato il fuoco ad automobili e ad abitazioni. Le violenze si sono intensificate ulteriormente ieri, dopo il ritrovamento del corpo martoriato del giovane in quello che secondo l’esercito era evidentemente "un attentato terroristico". Mentre gli incidenti si estendevano, l’esercito è stato costretto a fare affluire rinforzi in Cisgiordania, dove già 22 battaglioni sono impegnati da mesi a mantenere l’ordine. Fonti palestinesi riferiscono che in due giorni di violenze di coloni un palestinese, Jihad Abu Alya, è stato ucciso, e altri sedici sono stati feriti. Gli abitanti dei villaggi attaccati (due nella zona di Ramallah e due presso Nablus) hanno chiesto ai servizi di sicurezza palestinesi di garantire loro protezione.
Ai funerali di Abu Alya, nel villaggio di al-Mughayer la popolazione esasperata ha scandito: "Siamo il tuo popolo, Sinwar", un riferimento al capo di Hamas a Gaza. "Cisgiordania insorgi, compi una rivoluzione".
La fattoria dove lavorava Achimeir (un giovane ricciuto, con due grandi boccoli ai lati del volto come vuole la ortodossia ebraica) è un avamposto gestito da attivisti del movimento del nazionalismo-religioso. La sua scomparsa ha esasperato gli animi dei coloni della zona, che da tempo sono oggetto di attacchi quotidiani sulle arterie della Cisgiordania. In breve tempo hanno organizzato spedizioni punitive e, secondo fonti palestinesi, hanno appiccato il fuoco ad automobili in sosta e ad edifici privati. Poi, dopo il ritrovamento del cadavere, le violenze dei coloni si sono estese anche alla Cisgiordania settentrionale.
Fra gli aggrediti anche un fotoreporter israeliano, Shaul Golan, del quotidiano ’Yediot Ahronot’. ‘"Sono entrato in una casa palestinese che era già bruciata – ha raccontato – e ho scattato alcune immagini quando 20-30 persone col volto coperto, sono sbucate da un uliveto. Alcuni indossavano divise militari. Mi sono nascosto sotto a un tavolo, ma loro mi hanno trascinato. Hanno preso la mia borsa, hanno bruciato le mie macchine fotografiche. Mi hanno riempito di botte e perquisito. Ho urlato in ebraico: ’Aiuto, aiuto’ nella speranza che soldati mi sentissero. Poi hanno lanciato nel fuoco le chiavi della mia motocicletta e mi hanno abbandonato".
Il premier Benyamin Netanyahu ed il ministro della difesa Yoav Gallant – dopo aver denunciato la uccisione del ragazzi – hanno anche fatto appelli alla calma. E intanto hanno inviato altre truppe in Cisgiordania.