Domenica 22 Dicembre 2024
ANTONELLA COPPARI
Esteri

La politologa Nathalie Tocci: "L’espansione del conflitto dipende dalla violenza di Israele”

Intervista alla direttrice dell’Istituto Affari Internazionali: una mattanza farebbe scoppiare la miccia. "Tel Aviv non avrà problemi a occupare Gaza. Ma il punto è: cosa sarà in grado di farne dopo?"

Nathalie Tocci

Roma, 16 ottobre 2023 – Da ieri i venti di guerra si sono fatti, se possibile, ancora più impetuosi con i bombardamenti incrociati tra Hezbollah e Israele al Nord, ma soprattutto con il monito della Cina e dell’Iran che minacciano di intervenire in caso di invasione di Gaza. È un’ipotesi realistica? Lo chiediamo a Nathalie Tocci, direttrice dell’Istituto Affari Internazionali.

La minaccia iraniana è reale?

"Al momento non mi sembra che l’Iran abbia interesse ad entrare in guerra. Ha già stravinto, sabotando il tentativo di normalizzazione tra Tel Aviv e Arabia Saudita. Il beneficio l’ha ottenuto, perché dovrebbe impelagarsi in una guerra che comunque comporterebbe dei costi? Tanto più Israele colpisce i civili, tanto più guadagna Teheran a livello di opinione pubblica".

Quindi non interverrà?

"Andiamoci piano. Dipende da quello che succederà nelle prossime settimane, dalla durata e dalla violenza del conflitto. Se ci sarà una mattanza, con decine di migliaia di morti o una rimozione forzata da Gaza, non si può escludere una conflagrazione regionale più ampia".

E la Cina?

"Alla Cina le cose stanno benissimo così: non solo fanno i pacieri del mondo, ma l’accordo che ha mediato Pechino tra Iran e Arabia Saudita sta andando avanti. L’altro binario, quello israelo-saudita mediato dagli americani, si è impantanato".

Considera sepolto l’accordo tra Arabia Saudita e Israele?

"Bisogna vedere ciò che accadrà. Se il conflitto finirà in modo catastrofico, ho difficoltà ad immaginare che vada avanti. Non perché nella casa reale saudita ci sia tanto amore per i palestinesi, ma perchè pure le dittature devono tenere conto della loro opinione pubblica e la situazione è già abbastanza fragile".

È pensabile un attacco israeliano non esageratamente sanguinoso a Gaza?

"Se l’obiettivo è sterminare Hamas no".

C’è spazio per salvare gli ostaggi?

"In caso di ingresso delle truppe armate a Gaza evidentemente no".

Sì, ma quale sarebbe un’alternativa possibile all’invasione per Israele?

"Se si tratta di stroncare militarmente Hamas non ce ne sono. Ma va anche detto che in altre circostanze storiche con i terroristi si è trattato. Se si vogliono salvare gli ostaggi o se si vuole riaprire un processo di pace in Palestina con i terroristi bisogna negoziare. Capisco che in questo momento sia molto difficile, ma noi come amici di Israele dovremmo proprio indicare i problemi che si possono creare con l’invasione non solo sul piano etico ma soprattutto su quello pragmatico".

E quali sono questi problemi?

"Israele ha certamente la forza di occupare Gaza, ma una volta che l’ha occupata che ci fa? Immagino che nel magico mondo di Israele l’intenzione sia scaricare il problema su qualcun altro. Sull’Egitto, sull’autorità palestinese, sui sauditi. Ma la realtà è che questa polpetta avvelenata non la vorrebbe e già non la vuole nessuno".

Potrebbe comunque raggiungere l’obiettivo di cancellare Hamas.

"Israele farebbe bene a ricordarsi dell’esperienza del Libano quando nel 1982 riuscì effettivamente ad espellere da quello Stato l’Olp ma solo per vedere crescere Hezbollah".

È possibile un intervento degli Stati Uniti per indurre Israele a calcoli più ragionevoli?

"Non mi pare proprio".

L’opinione pubblica israeliana potrebbe frenare Netanyahu?

"La contraddizione tra i due obiettivi, sradicare Hamas e liberare gli ostaggi, con il passare dei giorni potrebbe in effetti emergere".

E il Qatar?

"Un’azione del Qatar come della Turchia o dell’Arabia Saudita sarebbe un’azione mirata a tornare al negoziato. Ma Israele ora sta su un altro film. Per cui noi ci troviamo di fronte a trattative che si limitano a negoziare la liberazione dei cittadini con doppio passaporto. Una roba che fa rabbrividire".

Al di là della gravissima situazione contingente, ci sono stati errori di Israele che hanno contribuito a creare questo caos?

"Sì. Israele ha seguito la strategia del taglio dell’erba, come dicono loro con un’espressione per me orribile, anziché affrontare le vere sofferenze del popolo palestinese. Visto che spuntare l’erba non è bastato, ora la vogliono sradicare. Ma l’unica via ragionevole è riavviare il processo di pace".