Roma, 6 marzo 2025 – “Decisione e coraggio”. Sono i due ingredienti principali della nuova Europa secondo Pina Picierno. E poiché le parole è facile che si perdano tra le mille sfumature di Ue, ecco che l’europarlamentare dem, vicepresidente del Parlamento Europeo, ne ha fatto un appello, subito firmato dal socialista francese Raphaël Glucksmann, dal politologo Vittorio Emanuele Parsi e dai dem Alessandro Alfieri, Filippo Sensi, Lia Quartapelle e dalla direttrice dello Iai, Nathalie Tocci, solo per citare i primi sottoscrittori.
Picierno, cosa l’ha spinta?
“Il manifesto ‘Per un’Europa libera e forte’ nasce per ritrovare una visione dell’Europa adeguata ai tempi che stiamo vivendo. Serve decisione, e serve coraggio”.
Il riferimento è allo spirito di Ventotene, anno 1944. Dunque: ancora oggi, 80 anni dopo, serve ripartire dai fondamentali?

“Perché ancora oggi il processo di integrazione europea resta la sfida democratica più alta della storia d’Occidente e dell’umanità”.
Ma non era già stata vinta?
“Solo in parte”.
Cosa manca?
“Gli strumenti per reagire a crisi inedite, ad esempio, e che oggi bisogna considerare di stringente attualità. La nostra democrazia, la nostra produzione, il nostro benessere sociale sono minacciati da un nuovo e antico ordine mondiale fondato sulla forza e sull’aggressione. Il mio appello nasce da qui”.
Primo punto: no al diritto di veto. Lo si dice da tempo. Ma perché non si riesce a intervenire ?
“Nel corso dei decenni il diritto di veto si è comunque ridotto a poche ma determinanti sfere decisionali dell’Unione. Già oggi in molti settori è prevista la maggioranza qualificata. In tempi ordinari quel diritto è comunque servito a rendere più efficace l’adesione all’Unione di molti paesi. Quei tempi sono finiti e in futuro saremo chiamati alla necessità di un suo totale superamento. Nel frattempo, è possibile decidere sulla base della cooperazione rafforzata tra alcuni Paesi Ue, attraverso trattati internazionali.”.
Difesa comune, tema caldo. Ma un esercito non si fa in un giorno e nel Pd c’è l’idea che la soluzione non sia quella di von der Leyen di chiedere ai singoli Paesi di armarsi.
“Bisogna superare distinguo e perplessità. È certamente una bozza migliorabile e lavoreremo insieme per migliorarlo. Ma quello di von der Leyen è un punto di partenza che affronta il tema ineludibile di investimenti immediati, sostanziali e congiunti per la sicurezza, come dichiarato dal Gruppo. Non credo sia il tempo di separare le nostre strade da quelle dei progressisti europei”.
Terzo punto: meno regole. Oggi lo chiede anche la sinistra, ma è sempre stata la bandiera degli eurocontrari come la Lega. Dunque avevano ragione loro?
“Ma proprio per nulla!”.
Argomenti.
“Un conto è adeguare regole e scadenze a condizioni in continua evoluzione, un altro è riscrivere gli obiettivi. La Lega non crede nelle transizioni, nel contrasto ai cambiamenti climatici e in una nuova rivoluzione industriale. Noi crediamo che proprio per salvaguardare quegli obiettivi siano necessarie flessibilità e risorse”.
Quarto: più diritti. Ma nella Ue, le ricordo, c’è pure l’Ungheria.
“Quello dei diritti e della libertà non è per la Ue un tema aperto. È la nostra carta d’identità, ci rifiutiamo di lasciarla nelle mani di Putin e di Trump, figurarsi in quelle assai più modeste di Orban. Abbiamo molti strumenti per non cedere ai ricatti o per non lasciare il popolo ungherese in balia delle sue aggressioni alle libertà”.
I prossimi passi?
“Abbiamo richieste dai territori per organizzare assemblee, banchetti e momenti di discussione. Trasformeremo questo appello in qualcosa di permanente che aiuti il dibattito sulle questioni che riguardano il nostro futuro”.
Le sue motivazioni, in una frase.
“Se non salviamo l’Europa non si salva nessuno”.