Giovedì 21 Novembre 2024
ALESSANDRO FARRUGGIA
Esteri

Pioggia di miliardi sulla Russia: ecco chi compra il petrolio di Putin. La flotta ombra e l’embargo colabrodo

Le vendite ai Paesi che sostengono l’embargo sono aumentate del 44%. Grazie a triangolazioni e alla mancanza di un bando ai prodotti fatti in paesi terzi usando greggio russo. E tutti lo sanno

Roma, 19 febbraio 2024 – A parole quello imposto dai paesi occidentali ai prodotti petroliferi russi è un embargo serio. A parole. In realtà è un mezzo colabrodo. A dimostrarlo sono i dati di un centro di ricerca finlandese, il Centre for Research on Energy and Clean Air (CREA).

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Foto d'archivio: una petroliera battente bandiera liberiana riceve greggio da una nave russa (Ansa)
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Quando i Paesi dell'UE/G7 hanno introdotto il tetto ai prezzi e l'embargo sulle importazioni di greggio russo nel dicembre 2022, speravano che ciò avrebbe inciso pesantemente sulle entrate del Cremlino.

Ma la mancanza di una politica restrittiva sui prodotti raffinati creati a partire dal greggio russo ha fatto sì che i nuovi acquirenti - paesi terzi che non hanno imposto sanzioni, in primis India e Turchia - potevano importare maggiori volumi di greggio russo, raffinarlo  in prodotti petroliferi ed esportarlo legalmente verso i Paesi della coalizione price cap (PCC). Questa importante scappatoia ha contribuito a stabilizzare il prezzo del greggio russo e ha assicurato comunque al Cremlino un flusso di entrate. E il risultato è che la Russia sta entrando nel suo terzo anno di guerra in Ucraina con una quantità di denaro senza precedenti nelle casse del governo, sostenuta da un record di 37 miliardi di dollari di vendite di petrolio greggio. Senza parole. 

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"Nel 2023 - osserva il CREA - si è registrato un aumento del 44% su base annua delle importazioni di prodotti petroliferi da parte dei Paesi sanzionatori, in termini di volume. Questo ha rafforzato una tendenza già in atto dall'invasione russa dell'Ucraina. Questa analisi mostra un ampliamento della falla nella raffinazione nel 2023, ampliando le lacune delle sanzioni contro la Russia e consentendo l'utilizzo di maggiori quantità di petrolio ottenuto dal greggio russo nei Paesi terzi”.

“Mentre i volumi sono aumentati enormemente – spiega il CREA – l'incremento annuale del valore delle importazioni di prodotti petroliferi derivati dal greggio russo delle importazioni di prodotti petroliferi derivati dal greggio russo è stato più modesto, pari al 6%. L'analisi del CREA stima che il prezzo medio del greggio russo esportato sia stato inferiore del 22% nel 2023 rispetto all'anno precedente. Questo spiega perché il volume importato di prodotti petroliferi sia stato significativamente superiore al valore”.

Questo ha ridotto i guadagni della Russia dall’export di prodotti petroliferi del 14%. Una cifra importante ma tutt’altro che un embargo decisivo. 

"Le importazioni di prodotti petroliferi ottenuti dal greggio russo da parte della coalizione price cap (PCC) – osserva CREA - hanno generato 1,7 miliardi di euro di entrate fiscali per il Cremlino dal dicembre 2022 alla fine del 2023. Questo è stato possibile  perché gli Stati Uniti hanno importato 1,6 miliardi di euro di prodotti petroliferi derivati dal greggio russo dall'introduzione del tetto al prezzo del greggio (5 dicembre 2022) fino alla fine di dicembre 2023. Un controvalore di 2,6 miliardi di euro di greggio russo è stato invece utilizzato per produrre prodotti petroliferi per l'UE, i cui primi tre Paesi sono i Paesi Bassi (590 milioni di euro), la Francia (590 milioni di euro) i Paesi Bassi (590 milioni di euro) e l'Italia (324 milioni di euro)”. Una barzelletta.

La “flotta ombra”

Mentre le vendite di greggio russo all'India, alla Turchia, alla Cina e agli altri paesi terzi coinvolti, non sono soggette a sanzioni e sono del tutto legittime, un esame delle rotte di navigazione suggerisce che questo enorme volume di spedizioni coinvolge la cosiddetta "flotta ombra" di petroliere appositamente creata da Mosca per cercare di nascondere con chi sta commerciando e per massimizzare i profitti del Cremlino. 

Su questo ha lavorato, usando dati “aperti” la Cnn. All'inizio del mese, la tv americana ha mostrato a ciò che probabilmente fa parte di questo complesso commercio al largo del porto greco di Gythio. “Due petroliere, una enorme, l'altra più piccola - ha raccontato CNN –   si sono accostate l'una all'altra per un trasferimento da nave a nave, che prevede il passaggio di greggio tra navi, a volte con l'obiettivo di nasconderne l'origine e la destinazione finale. Secondo gli analisti, decine di trasferimenti simili avvengono ogni settimana nelle acque della Grecia, un comodo punto di passaggio sulla rotta verso il Canale di Suez e i mercati asiatici.  All'inizio di febbraio, il Tesoro degli Stati Uniti ha presentato un nuovo pacchetto di sanzioni contro navi e società sospettate di contribuire al trasporto di greggio russo in violazione delle sanzioni statunitensi, nel tentativo di ostacolare il funzionamento della flotta ombra russa”.

Gli effetti (ipotetici) di un bando totale

Ma è una rincorsa infinita, che blocca solo in parte il flusso. Ben altro effetto avrebbe un bando totale delle importazioni indirette nei paesi che promuovono il bando. 

“Il passo più efficace - osserva infatti il CREA - sarebbe quello di vietare l'importazione di prodotti petroliferi ottenuti dal greggio russo. Questo rafforzerebbe l'impatto delle sanzioni disincentivando i Paesi terzi dall'importare grandi quantità di greggio russo. e contribuirebbe a ridurre le entrate russe.Vietare l'importazione di prodotti petroliferi provenienti da raffinerie che lavorano il greggio russo farebbe anche scendere il prezzo del petrolio di Mosca, che da luglio a fine novembre è rimasto al di sopra del tetto di 60 dollari al barile al barile da luglio a fine novembre 2023". Sarebbe opportuno, ma non si fa, probabilmente perché gli affari sono più importanti della asserita volontà politica di trangolare le finanze del Cremlino. E Putin sentitamente ringrazia