Martedì 16 Luglio 2024
ALEX LUNG
Esteri

Perché Taiwan è importante e il ruolo di Cina e Usa

La piccola isola nasconde caratteristiche molto complesse: una storia travagliata, una grande importanza economica e strategica, e molti dubbi sulla sua identità

Perché Taiwan è importante?

Perché Taiwan è importante?

Taipei, 13 gennaio 2024 – Lai Ching-te ha vinto le elezioni a Taiwan e sarà il prossimo presidente dell’isola considerata “provincia ribelle” dalla Repubblica popolare cinese, ma nel pratico indipendente dal 1949. Le consultazioni rivestono un ruolo fondamentale nel definire il futuro del Paese, specie riguardo ai rapporti con Pechino, da sempre tesi. Ma per quale ragione questo piccolo Stato è così fondamentale per la Cina, l’Occidente e per l’intero sistema internazionale?

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Come nasce: dalla caduta dell’Impero alla fuga dei nazionalisti

Alla fine dell’Ottocento l’Impero cinese è in piena crisi, pressato dall’interferenza delle potenze internazionali: a seguito di una guerra contro il Giappone, Taiwan viene occupata dalle forze nipponiche. Tuttavia, la separazione tra l’isola e il resto della Cina trova le sue radici nel sanguinoso conflitto che ha imperversato nella regione dal 1927 al 1949, a fasi alterne. Nel 1912 il millenario Impero cinese crolla, lasciando il posto alla Repubblica di Cina; dopo anni di lotte interne, è il Partito nazionalista (Kuomintang) – che puntava alla formazione di uno Stato economicamente liberale e capitalista –a imporsi. Nel 1921 nasce il Partito comunista cinese, che tenta di giocare un ruolo nella politica nazionale, aumentando di conseguenza sempre di più l’influenza bolscevica sulla Cina. Chiang Kai-shek diventa presidente dello Stato nel 1928: uno dei suoi obiettivi primari è reprimere i signori della guerra del nord del Paese e i comunisti; questi ultimi danno quindi il via a una guerriglia, tra i cui principali comandanti troviamo Mao Zedong. Tra gli anni Trenta e Quaranta, la Cina è invasa dalle truppe giapponesi, e spesso nazionalisti e guerriglieri del Partito comunista cinese si ritrovano a combattere fianco a fianco contro l’occupante. 

La Repubblica di Cina in esilio

Al termine della Seconda guerra mondiale, Tokyo è sconfitta e Taiwan torna sotto il dominio cinese. Riprende allo stesso tempo il conflitto interno, che ha fine nel 1949 con la vittoria dei comunisti, la salita al potere di Mao Zedong e la fuga dei nazionalisti a Taiwan, dove il Kuomintang continua a governare come “Repubblica di Cina”, ponendo la propria sede a Taipei. Inizialmente, la comunità internazionale non riconosce l’autorità del Partito comunista sulla Cina, e continua a considerare il governo nazionalista esiliato a Taiwan come l’unico legittimo: il seggio cinese all’Onu è infatti occupato da un rappresentante di Taipei. Quello di Chiang sull’isola non è uno Stato democratico, ma una sorta di dittatura nazionalista e militare

Il riconoscimento internazionale della Repubblica Popolare e la fine della dittatura

Nel 1971, dopo una lenta e progressiva legittimazione del governo comunista sullo scacchiere internazionale, l’Onu riconosce definitivamente lo Stato come unica autorità sulla Cina. Nel 1979, anche gli Stati Uniti smettono di riconoscere Taiwan come governo cinese, ma assicurano con un trattato la difesa dell’isola, così da assicurarne l’auto-difesa.

Nel 1979, l’isola è scossa da pensanti proteste pro-democrazia, che spingono il presidente Chiang Ching-kuo, figlio di Kai-shek, a sospendere la legge marziale e ad avviare un lento processo di democratizzazione. Le prime elezioni libere si svolgono nel 1996; nel 2000, Chen Shui-bian viene eletto presidente – il primo non appartenente al Kuomintang, ma al Partito progressista – e promette una nuova costituzione che sottolinei l’indipendenza di Taiwan dalla Cina continentale, sciogliendo contestualmente il Consiglio per l’Unificazione. I vari progetti di revisione costituzionale non sono stati attuati, per via delle minacce della Repubblica popolare cinese e del mancato sostegno degli Stati Uniti al progetto: non è nell’interesse di nessuna delle due potenze – e nemmeno in quello dei nazionalisti del Kuomintang – che Taiwan rescinda sulla carta il suo legame con la Cina. 

Importanza strategica

Nonostante sia riconosciuta formalmente da appena 13 paesi, Taiwan è di vitale importanza per gli equilibri internazionali e l’economia mondiale. L’isola ospita la Tsmc, il principale produttore di microchip al mondo, fondamentali per l’industria tecnologica, automobilistica, della difesa e dell’intelligenza artificiale. Inoltre, Taiwan difende gli interessi americani nella regione indo-pacifica, facendo sì che la Cina non diventi il leader indiscusso di questa porzione di mondo. 

Gli accordi di difesa tra Taipei e Washington sono una delle principali cause di tensioni tra Pechino e quest’ultima. Sebbene l’esercito cinese sia molto superiore – l’Ispi riporta un personale di servizio di 2 milioni contro i 169 mila delle forze armate taiwanesi – invadere l’isola sarebbe un progetto molto complicato: non solo, appunto, l’esercito statunitense entrerebbe in gioco, ma la popolazione taiwanese è chiaramente indipendentista. 

Identità e futuro

Cosa riserva il futuro per Taiwan? La popolazione non mette in discussione l’indipendenza dello Stato, ma l’approccio nei confronti della Cina continentale è variegato: una parte di essa – rappresentata in queste consultazioni dal presidente eletto Lai Ching-te – vuole mantenere le distanze dalla Repubblica popolare, ritenuta un potenziale partner inaffidabile quanto pericoloso; è però in crescita la porzione di taiwanesi convinta che un avvicinamento a Pechino, di carattere principalmente commerciale, potrebbe giovare al Paese – istanza portata avanti dal candidato del Kuomintang Hou Yu-ih. Tale divisione riprende in buona parte il ‘dilemma identitario’ che caratterizza gli abitanti dell’isola: c’è chi si definisce cinese, chi – per via dei 75 anni di separazione – si sente taiwanese, e chi sta riscoprendo le proprie radici indigene dell’isola, senza sentirsi in alcun modo legato al carattere (o alla lingua) cinese.

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