Roma, 4 aprile 2016 - Vladimir Putin, i familiari del presidente cinese Xi Jinping, l'ucraino Petro Poroshenko, il re saudita Salman, il padre del premier britannico David Cameron (Ian Donald morto nel 2010), il calciatore argentino Lionel Messi ed il premier islandese Sigmund Davio Gunnlaugsson (che rischia elezioni anticipate). Questi alcuni dei nomi affiorati tra la lista di clienti di una rete che ha organizzato per loro conti segreti in società di comodo in paradisi fiscali.
Lo tsunami di dati è contenuta nei 'Panama Papers', trapelati dalla 'Mossack Fonseca', quarta società al mondo per la gestione di conti offshore (oltre 300.000) collettore dei fondi e che ha gestito questa rete di conti segreti con 600 persone che lavorano in 42 paesi tra cui paradisi fiscali. Si tratta della più grossa fuga di documenti riservati della storia: 11,5 milioni di pagine e 2,6 terabytes di dati trafigati dal database della società.
I PANAMA PAPERS - Sono i dati riservati, ribattezzati 'Panama Papers', dei potenti e facoltosi clienti della 'Mossack Fonseca', che ha creato e gestito migliaia di società offshore. Specializzata nella gestione patrimoniale in paradisi fiscali dai suoi file sono sfuggiti oltre 11 milioni di documenti segreti riguardanti 140, tra politici, personaggi famosi, imprenditori e sportivi o persone a loro vicine. Tra questi anche 12 leader politici tra re, presidenti e primi ministri coinvolti dallo scandalo. 33 sono persone e società citate nell'inchiesta sono inserite nella 'lista nera' degli Stati Uniti per legami con il terrorismo. 214.000 le società offshore che compaiono nei file, legate a oltre 200 paesi diversi.
MOSSACK FONSECA - Il super studio legale panamense 'Mossack Fonseca' è nato nel 1977. Offre i suoi servizi di gestione patrimoniale e fiscale in Gran Bretagna, Malta, Hong Kong, Cipro, Isole Vergini britanniche, Bahamas, l'isola di Anguila, Seychelles, Samoa, in Nevada e Wyoming negli Usa e a Panama. Uno dei suoi soci, Ramon Fonseca Mora, consigliere della presidenza panamense e presidente del Partito Panamenista, ha chiesto l'11 marzo scorso al presidente, Juan Carlos Varela, un'aspettativa di un anno per difendersi dalle accuse di corruzione per un suo presunto ruolo nella madre di tutti gli scandali brasiliani, quello del colosso petrolifero Petrobras.
I GIORNALISTI - Il team dell'International Consortium of Investigative Journalists (Icij), che ha investigato sui 'Panama papers', è composto da 190 giornalisti di oltre 65 Paesi che collaborano su temi delicati che travalicano i confini dei singoli stati. Da Bill Kovach, ex capo della redazione di Washington del New York Times, a Chuck Lewis, il giornalista che ha fondato il Center for Public Integrity. Ci sono tutti i nomi più famosi del giornalismo investigativo. Una rete fondata nel 1997 e che si pone l'obiettivo di smascherare la corruzione e i crimini transnazionali, i loro responsabili, senza fermarsi davanti al potere. Una rete composta non solo da giornalisti ma da specialisti, esperti informatici, legali, 'fact checker', che assistono i reporter impegnati in tutto il mondo in indagini complesse.
I NUMERI - Oltre 11 milioni di documenti segreti analizzati per un anno da 300 giornalisti di 76 paesi diversi, tra cui L'Espresso in Italia. i 'Panama Papers', la più grande fuga di notizie nella storia della finanza, HA NUMERI INCREDIBILI. * 11,5 milioni (2,6 terabyte) - i documenti segreti analizzati dai giornalisti per oltre un anno. * 307 - i giornalisti di tutto il mondo che si sono occupati dell'inchiesta riuniti nell'International Consortium of Investigative Journalists. * 76 - i Paesi dai quali provengono i reporter. * 140 - tra politici, personaggi famosi, imprenditori e sportivi o persone a loro vicine citate nei documenti segreti. * 38 anni - dal 1977 al 2015, gli anni ai quali fanno riferimento i documenti. * 14.000 - i clienti dello studio legale di Panama Mossack Fonseca, al centro dello scandalo, che ha uffici in 42 paesi in tutto il mondo e 600 impiegati.
PARADISI FISCALI - Paradiso fiscale viene comunemente detto uno Stato che garantisce un prelievo in termini di tasse basso o addirittura nullo sui depositi bancari. La ragione di una scelta del genere è più che altro politica: attirare molto capitale proveniente dai paesi esteri, fornendo in cambio una tassazione estremamente ridotta. Dal punto di vista del contribuente, il cosiddetto paradiso fiscale è in effetti un rifugio dalla tassazione sui redditi, annoverabile quindi come tecnica di elusione fiscale. Non è illecito avere società in paradisi fiscali, ma devono, con i loro guadagni, essere dichiarate alle autorità. In realtà i paradisi fiscali vengono usati proprio per bypassare le rigide regole di scambio di valuta di alcuni Paesi, per protezione da furti e per gestire operazioni di acquisizioni o bancherotte. In più è facile a certe condizioni riciclare il denaro.