Roma, 21 febbraio 2025 – Mentre i tavoli della pace divisi alla meta infiammano la politica, tra Stati Uniti ed Europa si discute anche di una futura forza di peacekeeping in Ucraina. Il primo ministro britannico Keir Starmer sta facendo la valigia per raggiungere il presidente Donald Trump e presentare un piano anglo-francese che prevede l’invio di 30mila soldati europei, e non 100mila come ipotizzato in un primo tempo, per garantire il cessate il fuoco in Ucraina.
Il contingente dovrebbe controllare i confini e le strutture strategiche e avrà in dotazione satelliti, droni, aerei. L’Italia dice sì, ma attraverso il ministro degli Esteri Antonio Tajani sottolinea che la missione deve essere sotto l’ombrello dell’Onu. Il generale Giorgio Battisti, già comandante delle Forze Nato di reazione rapida, primo comandante del contingente Italiano in Afganistan, oggi presidente della commissione militare del Comitato Atlantico, prova a disegnare lo scenario.
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È ipotizzabile a cannoni spenti in Ucraina un contingente di interposizione europeo senza gli Stati Uniti?
“Dal punto di vista tecnico militare sì. Dal punto di vista politico Vladimir Putin, per ora, lo definisce inaccettabile. Potrebbe essere uno schieramento di forze sotto l’egida dell’Onu, ma bisogna passare dal Consiglio di sicurezza di cui fanno parte Russia e Cina. Quindi...”.
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I numeri ipotizzati sono realistici?
“Se consideriamo 30mila uomini sul campo che ruotano su tre turni, ne servono circa 90-100mila tra quelli schierati, quelli che si addestrano per l’avvicendamento e infine quelli appena rientrati che, come si dice in gergo militare, si ricondizionano. Il fronte da coprire è di circa mille chilometri”.
Come potrebbero essere ripartiti i contingenti tra gli Stati?
“Il Regno Unito sostiene di mettere a disposizione la parte principale, l’Italia può offrirne 5mila e se su 27 Paesi la maggioranza accetta uno sforzo simile al nostro si può arrivare a 100mila uomini. È comunque un’operazione più complicata di altre simili”.
Perchè?
“In un Paese devastato come l’Ucraina serve un’ampia parte logistica per gli ordigni da bonificare sul terreno, i civili da assistere, le strutture per i militari”.
Costi alti. L’Italia dovrebbe ridurre altre missioni all’estero?
“È possibile, o forse più che ridurre diciamo che bisognerebbe ottimizzare l’impegno attuale. Siamo già, fra le altre cose, in Iraq, Africa, Libano e l’esercito mette a disposizione altri 7mila uomini nell’operazione Strade sicure”.
È giusto aumentare gli investimenti sulla Difesa?
“Bisogna raggiungere il 2%, nessun dubbio. Credo sia ormai una strada aperta. Intanto nei prossimi anni arriveranno 300 nuovi carri armati di ultima generazione e 1000 mezzi corazzati. Quasi tutti i Paesi europei stanno investendo sulla Difesa e se vogliamo essere parte di un’alleanza dobbiamo adeguarci”.
I Paesi del fronte Est che fanno?
“Si riarmano vista la situazione. Lo fanno Polonia, Svezia, Finlandia. E penso che soprattutto i Baltici saranno disponibili a fornire uomini e mezzi per la missione di peacekeeping”.
Gli Stati Uniti ridurranno la loro presenza militare in Europa?
“Forse non a breve, ma credo che prima o poi lo faranno. Il presidente Trump ha già dato disposizione al Pentagono di tagliare le spese dell’8%”.
Ipotesi estrema. In caso di attacco l’Europa sarebbe in grado di difendersi?
“Direi di sì, nonostante gli organici di diversi Stati siano limitati, ma dispongono di mezzi tecnologici di alto livello. E nazioni come il Regno Unito esprimono una forza aeronautica tradizionalmente di grande capacità. Che può fare la differenza”.