Lunedì 10 Febbraio 2025
ALDO BAQUIS
Esteri

Ostaggi, tregua in bilico. Hamas: "Fermiamo i rilasci". Proteste di piazza in Israele

Oggi il gabinetto di sicurezza, l’ultradestra al governo: va ripresa la guerra. I parenti dei rapiti contro Netanyahu. I miliziani della Striscia: la porta resta aperta.

Roma, 11 febbraio 2025 – Hamas ha imposto ieri una brusca frenata nel completamento della prima fase della tregua a Gaza, ma ha anche lasciato ad Israele e ai Paesi mediatori (Usa, Egitto, Qatar) un margine di tempo per superare i nuovi ostacoli. Il portavoce dell’ala militare di Hamas, Abu Obeida, ha accusato Israele di aver mancato finora agli impegni assunti circa l’ingresso di aiuti umanitari nella Striscia e la libertà di spostamento per la popolazione al suo interno. Ha anche menzionato l’uccisione da parte dei militari di tre civili palestinesi che si erano avvicinati ai recinti di confine. Di conseguenza, ha avvertito, sabato non ci saranno le previste liberazioni di altri ostaggi. E a Tel Aviv si sono riaccese proteste di piazza a sostegno degli ostaggi ancora nella Striscia.

Ostaggi, tregua in bilico. Hamas: "Fermiamo i rilasci". Proteste di piazza in Israele
Il premier Benjamin Netanyahu, 75 anni. Sotto, uno degli ultimi ostaggi liberati

La sortita di Hamas è giunta proprio mentre Benjamin Netanyahu teneva un discorso alla Knesset per rivendicare il "grande successo diplomatico" da lui conseguito a Washington. "Nella mia vita ho incontrato 20 volte i presidenti Usa – ha spiegato – ma quello recente con Trump è stato sicuramente l’incontro più importante. Siamo alla soglia di una nuova era". L’intimità con il Presidente è stata tale che – ha rivelato – per la prima volta ha potuto visitare la stanza di Abraham Lincoln, rimasta intatta dal giorno del 1865 in cui fu assassinato. "Il suo ultimo desiderio – ha detto Netanyahu alla Knesset – era visitare Gerusalemme".

Appena appreso dell’irrigidimento di Hamas, Netanyahu ha convocato una consultazione straordinaria mentre il ministro della difesa, Israel Katz, ha ordinato la mobilitazione delle forze armate ai bordi di Gaza. Oggi sarà convocato il gabinetto di sicurezza per un riesame sia della situazione sul terreno sia delle prospettive politiche. Sul tavolo l’adozione formale da parte del governo del ‘Piano Trump’ per la costituzione di una Riviera turistica sul litorale di Gaza, una volta "ricollocati 1,9 milioni di palestinesi".

Ieri il presidente Usa è tornato sull’argomento spiegando che nei loro nuovi luoghi di insediamento "i palestinesi beneficeranno di buone condizioni di vita e di edifici permanenti", ma non potranno tornare a Gaza. "Penso – ha ribadito – che troveremo un’intesa con Egitto e Giordania". In realtà negli ultimi giorni i dirigenti di entrambi i Paesi hanno descritto quello sviluppo come un possibile ‘casus belli’. Anche in Israele c’e’ chi teme che quella svolta – che pure è stata magnificata anche ieri da Netanyahu alla Knesset – possa minare alla base gli accordi di pace con Amman ed il Cairo ed ’accendere’ i confini sul Sinai e nella valle del Giordano. In prospettiva – avvertono alcuni analisti – l’esercito israeliano rischia di trovarsi allora molto impreparato. Intanto l’ondata creata da Trump ha raggiunto Ramallah dove il presidente Abu Mazen ha annunciato che d’ora in poi le casse pubbliche dell’Autorità nazionale palestinese non pagheranno più stipendi "alle famiglie dei prigionieri, dei martiri e dei feriti".

Secondo Israele quei pagamenti rappresentavano di fatto un incoraggiamento del terrorismo. Ma ieri Netanyahu è tornato ad escludere che l’Anp svolgerà alcun ruolo nella ricostruzione di Gaza. L’intervento di Netanyahu alla Knesset è stato disturbato da interruzioni continue da deputati dell’opposizione che lo hanno accusato di aver colpevolmente ritardato per lunghi mesi l’accordo sulla tregua, lasciando oltre 100 ostaggi a languire nelle viscere della terra nelle mani di loro aguzzini di Hamas. Le testimonianze di tre ostaggi emersi sabato emaciati e denutriti hanno scosso il Paese fin nel profondo. Hanno parlato di celle sotterranee, senza luce e senza aria, dove per quasi 500 giorni i prigionieri sono stati legati con catene di ferro ad una parete, scalzi e senza potersi quasi muovere. Hanno aggiunto di aver ricevuto un ‘pane arabo’ al giorno, a volte anche meno. Un loro compagno – il musicista Alon Ahel, 24 anni – è ancora in quei sotterranei, "ferito ad un occhio e con schegge di proiettili al collo e in una spalla".

A Tel Aviv si è tenuto un concerto proprio a sostegno di Ahel. Dopo l’annuncio di Hamas migliaia di persone hanno interrotto il traffico e acceso un falò per invocare il ritorno a casa di tutti i rapiti dai terroristi.