Roma, 22 novembre 2023 – Tregua a Gaza ma il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha detto: "Dopo si ricomincia come prima”. Sarà davvero così?
"Per me – osserva Vittorio Emanuele Parsi, docente di Relazioni internazionali all’Università Cattolica di Milano e autore del recente volume ’Madre Patria, un’idea per una nazione di orfani’ pubblicato da Bompiani – comunque la tregua è un fatto positivo perché consente il rilascio di 50 fra donne e bambini da un lato e dall’altro fa uscire un certo numero di donne e adolescenti che non sono né terroristi né miliziani, ma che spesso sono stati condannati per resistenza alla polizia o per lancio di sassi. Sono reati per i quali in Israele le pene sono molto severe e sono state esacerbate negli anni di governo di Netanyahu".
Quindi chi ci guadagna?
"Tutti, in sostanza la popolazione di Gaza che per qualche giorno, se non altro, tirerà il fiato".
Dopo si ricomincerà come prima?
"Questo è quello che sostiene Netanyahu, che non cambierà nulla. Poi però bisognerà vedere. Quattro giorni di tregua, se si riesce a mettere in pratica l’accordo, possono cambiare alcune cose. Comunque aprono uno spiraglio negoziale, per esempio il rilascio di altri ostaggi e l’allungamento della tregua".
Netanyahu lo ha escluso però.
"È chiaro che il premier israeliano fa finta di niente. Il suo sforzo fin dall’inizio è stato quello di convincere gli altri che si poteva eradicare il problema semplicemente con la forza e quindi continua su questo copione. Intanto, se per qualche giorno non ci si spara addosso, può uscire qualcosa di positivo anche per il prosieguo".
Secondo lei questa è una vittoria di Hamas?
"È una vittoria di tutti. Sicuramente è una dimostrazione della capacità degli Stati Uniti di esercitare un’influenza presso gli amici e una pressione sui nemici. Dal punto di vista di Biden è certamente un buon risultato".
Il prolungamento della pausa umanitaria è probabile?
"Non è molto probabile, ma neppure da escludere in nessun modo".
L’altra incognita sembrava essere la posizione dell’estrema destra del governo israeliano, quella dei ministri Itamar Ben Gvir e Bezalel Smotrich.
"Con l’ingresso dei partiti di centro nel gabinetto di guerra i gruppi politici dell’estrema destra religiosa israeliana hanno meno potere di ricatto in questo momento. Ma continueranno ad agitarsi, soprattutto continueranno ad ottenere purtroppo da Netanyahu l’avallo per i comportamenti provocatori, estremisti, criminali da parte delle frange più esagitate di quel mondo che è rappresentato dai coloni illegali in Cisgiordania. Loro sono il punto di riferimento di questi partiti razzisti, partiti suprematisti ebraici. Se fossimo negli Stati Uniti, sarebbero come il Ku Klux Klan nel governo americano".
Per ora hanno piegato la testa.
"Per il momento è così. Ma io credo che il disegno di questi farabutti sia quello di fare uno Stato dal mare al fiume Giordano. Sono l’equivalente funzionale dei terroristi palestinesi".