Tel Aviv, 18 aprile 2024 – L’attacco sferrato dall’Iran contro Israele e la grave escalation creatasi nella regione hanno reso ancora più drammatica la sorte dei 133 israeliani che da 200 giorni sono nelle mani di Hamas a Gaza. Il loro futuro appare adesso ancora più tetro perché l’ingresso di Teheran sul campo ha irrigidito Yihia Sinwar, il leader di Hamas a Gaza, che ha respinto le ultime proposte fattegli pervenire da Israele. Per i familiari degli ostaggi sono dunque giornate di spasimo.
"Ci troviamo prigionieri in una trappola", afferma Maya Roman, cugina di una donna rilasciata da Hamas a novembre (Yarden Gat Roman) e parente di un’altra donna tuttora in ostaggio, Carmel Gat (39 anni). Da ottobre Maya dedica tutto il proprio tempo, anche con missioni all’estero, per perorare la causa degli ostaggi. "Malgrado sia emersa adesso una questione di carattere globale, ossia il confronto fra Israele ed Iran, non dobbiamo perdere di vista la prospettiva di carattere personale, la sorte degli ostaggi".
Quale dovrebbe essere adesso l’atteggiamento del governo israeliano ?
"Sappiamo bene che Sinwar è un uomo molto crudele. Per lui non contano le vite degli ostaggi, né quelle dei palestinesi. È inoltre molto vicino all’Iran. Ci troviamo di fronte a una alleanza fra terroristi. Se Israele accetterà di reagire all’attacco in maniera contenuta, dovremmo aspettarci allora che il mondo ci sostenga di più. Che eserciti pressioni sugli Stati mediatori, ossia Egitto e Qatar, e che lo stesso facciano le Nazioni Unite. I Paesi europei che ci hanno assistito per respingere l’attacco dell’Iran dovrebbero comprendere che noi sia impegnati nella difesa del mondo liberale, che noi rappresentiamo un argine contro quelle forze radicali e che pertanto paghiamo un prezzo elevato".
Dunque il governo dovrebbe accogliere gli appelli alla moderazione ?
"Israele dovrebbe usare il sostegno internazionale di cui adesso beneficiamo, ed usarlo in maniera saggia. Deve ricordarsi che la liberazione degli ostaggi è una priorità. Deve sfruttare questo momento per sospingere gli sforzi per un accordo".
Quali pensa siano le condizioni attuali degli ostaggi ?
"All’inizio Carmel è stata reclusa in condizioni abbastanza dure, assieme con due minorenni che poi sono stati rilasciati. Abbiamo così appreso che avevano subito sevizie e che Carmel li aveva assistiti ricorrendo a tecniche di yoga e di meditazione. Così li ha aiutati a resistere. Ma questo avveniva a novembre. Da allora di lei non abbiamo più avuto notizie. È rimasta là sola. Essendo una donna temiamo molto per lei, anche in seguito alla pubblicazione di testimonianze emerse nel frattempo. Sappiamo che il tempo stringe".
Pensa che l’interesse per la sorte degli ostaggi stia calando?
"È difficile tenere a lungo viva l’attenzione, specialmente all’estero. I problemi sono tanti, e il mondo va avanti. Negli Stati Uniti, oltre ad incontri ufficiali, ne ho parlato anche con alcuni dimostranti secondo i quali la nostra campagna in favore degli ostaggi rappresentava una diversione rispetto alla questione per loro prioritaria: la situazione a Gaza. Io ho replicato che è possibile avere due cognizioni simultanee. È possibile solidarizzare con la gente di Gaza che soffre, ed io stessa provo dei sentimenti per loro. È triste, è un male, non è giusto che ci siano così tanti morti. Al tempo stesso Israele ha subito un attacco di dimensioni storiche, che alternativa aveva? Ci sono ostaggi, e devono essere recuperati. Le due cose sono giuste entrambe".
Come è stata accolta la sua analisi?
"Proprio fra le palestinesi cittadine di Israele ho trovato maggiore comprensione. È vero che occorre una soluzione politica della questione israelo-palestinese. È vero anche che Hamas è una organizzazione terroristica, così come è vero che Sinwar è un terrorista e che l’Iran è una minaccia. Si tratta in definitiva di situazioni complesse, con radici profonde. C’è qui una storia intricata, e trovare una soluzione è difficile’’.