Israele e Hamas, ormai, non sono più impegnati solo in un conflitto regionale che si trascina da anni. La loro è una vera e propria guerra delle barbarie. Quelle commesse nei confronti della popolazione civile, dei prigionieri di guerra, dei luoghi di culto. Una competizione, questa, in cui non si salva nessuno: non le vittime né i carnefici.
Dal 7 ottobre si rincorrono notizie di gravi violazioni dei diritti umani da entrambe le parti. Una vera e propria guerra dell’orrore fra l’esercito israeliano e l’organizzazione terroristica di Hamas, che nessuna delle due parti sembra intenzionata a perdere.
L’Idf (l’esercito israeliano) è accusata dalla stampa locale, per primo il quotidiano Haaretz, di aver perpetrato atti di violenza e crimini di guerra contro prigionieri palestinesi. Alcuni video sarebbero anche stati postati su Telegram, per la precisione su un canale sotto la responsabilità dell’esercito. In alcuni filmati ci sarebbero anche scene che documentano lo strazio di cavaderi. In altri, si vedono uomini palestinesi costretti dai soldati israeliani a spogliarsi nudi per le strade di Gaza, ricoperti di frasi umilianti da parte di chi assistiva alla scena. Stando sempre a quando scrive Haaretz, dalla visione del canale, emerge un atteggiamento xenofobo, riscontrabile negli stereotipi con i quali vengono descritti i palestinesi.
Nella gara dell’orrore Hamas non vuole certo sfigurare. Già durante gli attacchi del 7 ottobre sono emersi particolari raccapriccianti sul trattamento che i terroristi palestinesi avevano riservato a donne, anziani e bambini, anche dopo averli uccisi e spesso davanti ai loro familiari. Un’inchiesta del New York Times, che si basa su una documentazione che prende in esame oltre due mesi, l’offesa sessuale ai danni delle donne è diventata un vero e proprio modus operandi.
Le violenze del 7 ottobre sono avvenute in almeno sette luoghi, identificati grazie alle numerose testimonianze raccolte. Tutte parlano di donne violentate o mutilate sessualmente. Anche in questo caso, purtroppo, non mancano filmati esposti al pubblico ludibrio sui social, come Gal Abdush, madre di due figlie, fra le vittime dell’ormai tristemente celebre rave preso di mira dai terroristi a poche decine di chilometri dal confine con la Striscia di Gaza. Alla donna, dopo averla violentata, hanno colpito e bruciato il viso in modo tale da renderlo irriconoscibile. Un crescendo di crudeltà che la dice lunga su quanto l’odio sia radicato da entrambe le parti e su come il 7 ottobre sia realmente stato un punto di svolta nel senso più negativo di termine, perché non c’è più il limite all’efferatezza.