Roma, 6 maggio 2019 - Un nuovo grido di allarme sul clima. Secondo un rapporto dell'Onu, un milione di specie animali che vivono sul nostro pianeta, una su otto, è a rischio estinzione per colpa dell'uomo. Si tratta di un declino "senza precedenti", tuonano gli studiosi dell'Ipbes (Piattaforma intergovernativa per la biodiversità e i servizi ecosistemici). Il gruppo intergovernativo individua quindi i comportamenti responsabili di questa situazione: al primo posto l'utilizzo che stiamo facendo di terra e mare, seguito dallo sfruttamento di piante e animali, mentre al terzo posto ci sono i cambiamenti climatici.
"COLPA DELL'UOMO" - Secondo le Nazioni Unite, dunque, la colpa è dell'uomo e servono azioni urgente per proteggere le foreste e gli oceani, nonché limitare i cambiamenti radicali nel modo in cui produciamo e consumiamo il cibo. "Stiamo consumando le basi stesse delle nostre economie - dichiara Robert Watson, capo dell'Ipbes -, i nostri mezzi di sussistenza, la sicurezza alimentare, la salute e la qualità della vita in tutto il mondo.
UN MARE DI PLASTICA - Secondo il rapporto, le attività umane hanno "significativamente modificato" la maggior parte degli ecosistemi terrestri e marini: il 40% dell'ambiente marino globale mostra "gravi alterazioni" a seguito delle pressioni umane e ad essere in declino sono "ricchezza e abbondanza" dei mari in tutto il mondo. Nel mirino degli studi è l'inquinamento marino da plastiche, aumentato di dieci volte dal 1980, con circa 300-400 milioni di tonnellate di rifiuti gettati nelle acque del mondo ogni anno. L'inquinamento degli ecosistemi costieri ha prodotto oltre 400 "zone morte" negli oceani - informano gli studiosi dell'Ipbes - per un'area complessiva più grande del Regno Unito.
LE SOLUZIONI - Nonostante il quadro desolante "non è troppo tardi per fare la differenza, ma solo se cominciamo a ogni livello, dal locale al globale", ha dichiarato Watson, auspicando un ripensamento dei sistemi economici e un mutamento del pensiero politico e sociale. Secondo Sandra Diaz, co-autrice del rapporto e docente all'università di Cordova, i governi dovrebbero attuare drastiche correzioni di rotta per evitare un "futuro tremendo" tra 10-20 anni quando la "sicurezza alimentare e climatica sarà in pericolo". Potremmo migliorare, osservano ancora gli scienziati, la sostenibilità dell'agricoltura progettando il territorio in modo da garantire la produzione di cibo, ma anche il sostentamento delle specie che vivono sul terreno. Tra gli altri suggerimenti, la revisione delle catene alimentari e la riduzione dei rifiuti alimentari. Quanto alla salute degli oceani, il rapporto raccomanda quote di pesca efficaci, aree marine protette e una riduzione dell'inquinamento che passa dalla terra al mare.