"Gaza è divenuta una tomba per migliaia di bambini. Ed è un inferno per chiunque altro". La denuncia è giunta dal portavoce dell’Unicef, James Elder, in un incontro con la stampa a Ginevra. Ormai le loro morti "si contano a migliaia", ha aggiunto. Dal 7 ottobre 2023 al 9 ottobre 2024 sono 11.355 i bimbi uccisi a Gaza, secondo i dati delle Nazioni Unite.
"E nelle ultime 48 ore – ha aggiornato ieri l’Unicef, su X – si sono avute notizie delle morti di 50 bambini in attacchi avvenuti a Jabalya, nel nord della Striscia. Queste uccisioni devono cessare". Jabalya e le vicine località di Beit Lahya e Beit Hanun sono al centro, nelle ultime settimane, di duri scontri fra i miliziani di Hamas, che sono riusciti a riorganizzarsi in quell’area, e l’esercito israeliano che per neutralizzarli cerca innanzitutto di allontanare a forza la popolazione civile. Decine di migliaia di abitanti sono stati costretti a sfollare, pur di avere salva la vita. Ma temono fortemente che non potranno mai più tornare alle loro abitazioni, viste le estese distruzioni del tessuto urbano.
Ai di là delle bombe e dei mortai, ha aggiunto Elder, altre minacce ancora incombono sui bambini di Gaza: "Oltre un milione di loro soffre per la mancanza di acqua potabile" e così cresce per loro minaccia della disidratazione. A ciò si associano i traumi accumulati in 13 mesi di guerra. Già prima dell’attuale conflitto si stimava che 800mila bambini di Gaza necessitassero aiuti psicologici. Da allora la situazione è precipitata. Elder ha menzionato i figli di una sua collega di Gaza: "Nesma, 7 anni, chiede con insistenza acqua potabile. Talya, 4 anni, è sotto forte stress. Si strappa i capelli e si gratta fino a sanguinare".
Le sue conclusioni sono scontate: innanzitutto una tregua umanitaria immediata. E poi l’afflusso nella Striscia di aiuti umanitari fra cui acqua, cibo, medicinali, combustibile. "Altrimenti altri orrori attendono questi bambini innocenti".
Ma la situazione su terreno va nella direzione opposta. La organizzazione umanitaria palestinese Pchr-Gaza denuncia che a Beit Lahya l’ospedale Kamal Adwan ha cessato venerdì di operare in seguito ad un attacco massiccio dell’esercito israeliano "lanciato mentre all’interno c’erano 600 persone". Il vicino ospedale ‘Indonesia’ non è più operativo, mentre il terzo ospedale della zona, al-Awda, è stretto d’assedio, secondo Pchr-Gaza. "Gli abitanti nel nord della striscia – afferma la organizzazione – devono scegliere ormai fra una evacuazione forzata, oppure la morte". Sulla battaglia infuriata nell’ospedale Kamal Adwan il portavoce militare israeliano ha riferito che al suo interno sono stati "eliminati terroristi". Nel suo perimetro c’erano mezzi di combattimento, imbocchi di tunnel militari e postazioni di lancio di razzi. Fonti militari hanno aggiunto che i miliziani di Hamas hanno sequestrato ambulanze per i loro spostamenti operativi.
In questo contesto drammatico ieri nella Striscia di Gaza è ripresa la campagna per la vaccinazione contro la poliomielite. Secondo l’agenzia di stampa palestinese Maan, nella prima fase (iniziata due mesi fa) sono state distribuite 560mila dosi. Adesso in molti centri è partita la distribuzione della seconda dose. "I genitori si sono presentati in massa, sfidando perfino il rischio di essere raggiunti da bombardamenti israeliani", ha notato Maan. Ma tutto ciò non riguarda il nord della Striscia dove per ora i combattimenti in corso impediscono di fatto interventi umanitari. Nei giorni scorsi il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres ha avvertito che i ritardi nella fase finale della campagna di vaccinazione contro la poliomielite "mettono a rischio le vite di migliaia di bambini".