Roma, 8 ottobre 2019 - Scoppia il caso diplomatico tra Italia e Turchia. Motivo? L'attribuzione della cittadinanza onoraria di Berceto, un comune in provincia di Parma, ad Abdullah Ocalan detto Apo, il leader del Pkk curdo detenuto da vent'anni nell'isola-prigione turca di Imrali. La Turchia lo definisce un atto "inaccettabile". Il ministero degli Esteri turco ha convocato oggi l'ambasciatore italiano ad Ankara Massimo Gaiani per esprimergli la "forte condanna" del governo di Recep Tayyip Erdogan.
FOCUS / Turchia, raid sul Nord della Siria. Curdi pronti ad allearsi con Assad
In isolamento totale dal 2005, 'Apo' era stato chiamato in causa a sorpresa dal presidente turco lo scorso maggio, prima della cruciale elezione del sindaco di Istanbul. Per la prima volta in otto anni gli fece incontrare i suoi legali e gli promise un alleggerimento del rigidissimo regime carcerario. In cambio Erdogan ottenne da Ocalan un appello agli elettori curdi a restare neutrali, nonostante il partito filo-curdo Hdp avesse fino a quel giorno sostenuto il candidato anti-Erdogan Ekrem Imamoglu. Un colpo di coda del presidente turco che comunque non è bastato a conquistare Istanbul.
Da quel giorno Ocalan era tornato nel dimenticatoio della sua prigione, fino a sabato, quando il sindaco di Berceto, Luigi Lucchi, gli ha attribuito la cittadinanza onoraria. "Quando si difendono ideali e diritti non bisogna avere paura", ha dichiarato il primo cittadino commentando la convocazione dell'ambasciatore. Dura la nota del ministero degli Esteri turco nella quale si definisce "inaccettabile qualsiasi iniziativa di legittimazione del capo del Pkk, che ha brutalmente massacrato 40 mila persone innocenti e che rientra nella lista delle organizzazioni terroristiche dell'Ue".
Negli anni scorsi Ankara aveva già protestato in modo analogo nei confronti di Roma per la concessione della cittadinanza da parte di vari comuni italiani, tra cui Napoli e Palermo. Sabato, ha ricordato Lucchi, "abbiamo dato la cittadinanza non solo a Ocalan, ma anche alla nazione curda e lo abbiamo fatto con una relazione del professor Franco Cardini. Non lo considero un noto bolscevico...".