Giovedì 21 Novembre 2024
ALESSANDRO FARRUGGIA
Esteri

Siti nucleari iraniani fra i possibili obiettivi di un attacco di Israele

Il governo di Tel Aviv intende rispondere all’attacco di sabato scorso. L’operazione dovrebbe avvenire prima della Pasqua ebraica (21 aprile). Rinviata l’invasione di Rafah

Roma, 16 aprile 2024 – Il gabinetto di guerra ha deciso: Israele colpirà l’Iran chiaramente e con forza. Resta sola da decidere il come e il quando, ma probabilmente sarà prima dell’inizio delle festività della Pesach (la Pasqua ebraica), quindi prima del 22 aprile, forse venerdì 19. Ma Biden, che anche ieri incontrando il premier iracheno ha detto che "gli Stati Uniti sono impegnati a raggiungere un cessate il fuoco a Gaza che riporti a casa gli ostaggi e impedisca che il conflitto si estenda, oltre quanto già accaduto".

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Secondo fonti americane Biden non ha messo un vero veto a una risposta israeliana ma ha insistito che non sia fuori scala. "Se e come reagire all’attacco con droni e missili dall’Iran è decisione che deve prendere Israele, gli Stati Uniti non sono coinvolti" ha chiarito il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale Usa John Kirby. Oggi anche il Consiglio dei ministri degli Esteri dell’Ue farà altre pressioni per evitare un attacco a Teheran. "Speriamo che Israele voglia far prevalere il buonsenso e si astenga da azioni che potrebbero innescare una spirale dannosa per tutti" ha detto il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, in un’audizione al Senato. La pressione quindi c’è e potrebbe tradursi anche in nuove sanzioni all’Iran da parte dei Paesi del G7.

Per questo il premier Netanyahu, che è conscio della necessità di preservare la solidarietà militare internazionale che ha concretamente portato al clamoroso fallimento dell’attacco iraniano, oggi dovrebbe vedere anche i leader dell’opposizione per avere una forte condivisione attorno all’opzione da scegliere, e avrebbe chiesto all’esercito "azioni dolorose contro l’Iran" ma con poche vittime e comunque coordinate con l’alleato americano. E qui viene il difficile, o meglio, il freno.

Tra i piani allo studio e discussi ieri (e oggi si replica) nel gabinetto di guerra emergono quattro opzioni.

  • La prima, più blanda da un punto di vista simbolico ma capace ci creare molti danni, sarebbe un massiccio attacco informatico.
  • La seconda opzione, molto forte, è un attacco contro le fabbriche che producono droni e missili, e i magazzini dove sono stoccati. Nella lista dei target ci sarebbero la Aircraft Manufacturing Industries (Hesa) e la Qods Aviation Industries (QAI) ma soprattutto la Shahed aviation industries.
  • La terza opzione è un attacco alle raffinerie e alle infrastrutture petrolifere, per privare il regime di una fonte importante di reddito.
  • Quarta ipotesi, la più incendiaria: un attacco ai siti nucleari iraniani. Ma stante l’indisponibilità americana a fornire le enormi bombe “bunker buster“, indipensabili all’operazione, questa resta allo stato sullo sfondo.

"Non c’è altra scelta se non quella di rispondere all’attacco dell’Iran" aveva detto già domenica il ministro della Difesa, Yoav Gallant, in una conversazione con il capo del Pentagono Lloyd Austin. E il gabinetto di guerra concorda. "Stiamo guardando avanti, stiamo valutando i nostri passi – ha detto il Capo di Stato Maggiore israeliano Herzi Halevi –, ma il lancio di cosi tanti missili e droni nel territorio dello Stato di Israele riceverà una risposta". Proprio per preparare l’attacco all’Iran, Israele avrebbe deciso di rinviare la sua annunciata offensiva militare a Rafah. Ma In un quadro fluido e teso come quello mediorientale tutto è incerto. Basti pensare che ieri alcuni coloni avrebbero ucciso due palestinesi nel villaggio di Aqrabah, nella parte settentrionale della Cisgiordania. Altra benzina sul fuoco che già divampa.

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