New York 29 agosto 2014 - Parlando della situazione dello Stato islamico in Iraq e in Siria, il presidente americano Barack Obama ha ammesso: "Non abbiamo ancora una strategia". "La nostra priorità adesso è proteggere gli americani sul territorio iracheno", ha esordito Obama nel suo briefing alla Casa Bianca. E per fare questo "abbiamo bisogno di una coalizione regionale anti-Isis", ha spiegato il presidente, che annuncia anche l`invio del segretario di Stato John Kerry in Iraq. "Per avere successo dobbiamo avere un governo iracheno più inclusivo possibile", ha sottolineato Obama. L`opzione militare è contemplata nella risposta alla "minaccia immediata" rappresentata dall`Isis, e l`esercito americano ("Il migliore del mondo"), potrebbe distruggere il gruppo terroristico sul campo. "Ma una volta andati via la situazione si ripresenterebbe uguale a com`è ora". Obama ha spiegato anche che altri Paesi dovrebbero smetterla col sostenere l`Isis.
POLEMICA SU FRASE DI OBAMA - L'affermazione di Obama secondo cui gli Usa "ancora" non hanno una strategia per far fronte all' Isis ha subito suscitato polemiche e la Casa Bianca ha poi chiarito formalmente che il presidente si riferiva solo alla Siria. Obama, ha detto il portavoce Josh Earnest alla Cnn, "rispondeva a una domanda specifica" su una possibile azione Usa contro l'Isis in Siria, ma per quanto riguarda l'Isis "abbiamo una strategia complessiva", da mesi, che oltre agli aspetti militari prevede anche una ampia azione politica.
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IDENTIFICATI AMERICANI CON ISIS - Gli Stati Uniti hanno identificato almeno una decina di americani che si sono recati in Siria per combattere con l'Isis: da gennaio il numero di americani che si è unito ai ribelli in Siria è quasi raddoppiato. E da quando la guerra civile è iniziata in Siria tre anni fa, sarebbero più di 100 gli americani che si sono uniti ai ribelli. Lo riporta il New York Times citando fonti dell'amministrazione, secondo le quali con l'intensificarsi delle tensioni in Siria e in Iraq è divenuto sempre più difficile rintracciare e identificare americani che si sono recati nell'area. Secondo le autorità, uno dei trend più recenti è la giovane età degli americani che vengono reclutati dall'Isis, si tratterebbe di teenager e di ventenni.
Anche lo psichiatra Nidal Hasan, che nel 2009 uccise 13 persone nella base militare di Fort Hood, nel Texas, ha scritto al leader dello Stato islamico per chiedergli di diventare cittadino del califfato dell'Isis. Lo riferisce il suo avvocato, citato da Fox News. "La lettera afferma che Hasan vuole diventar cittadino del califfato", ha detto John Galligan. La missiva di due pagine è indirizzata a Abu Bakr al-Baghdadi, il leader dell'Isis, proclamatosi califfo di quel che definisce il califfato dalla Siria occidentale all'Iraq orientale.
USA ACCUSANO AL-NUSRA PER RAPIMENTO CASCHI BLU FILIPPINI - Gli Stati Uniti hanno accusato le milizie jihadiste siriane del Fronte al-Nusra di aver catturato 43 Caschi Blu dell'Onu nell'altopiano del Golan, chiedendone la "liberazione immediata e senza condizioni". Secondo quanto reso noto dalle Nazioni Unite - che aveva parlato di un non meglio precisato "gruppo armato" - i militari sono stati catturati durante dei violenti combattimenti scoppiati giovedì nella zona fra l'esercito siriano e le milizie ribelli. Lo scontro è avvenuto nei pressi della località di Quneitra, nella zona demilitarizzata delimitata nel 1974 e in cui è presente il contingente delle Nazioni Unite incaricato di sorvegliare il rispetto degli accordi fra Israele e Siria (Undof). Lo Stato ebraico occupa infatti dal 1967 una parte dell'altopiano del Golan, annessione non riconosciuta dalla comunità internazionale, mentre la parte rimanente si trova sotto il controllo siriano. Oltre ai 43 Caschi Blu catturati, altri 75 militari dell'Onu sono bloccati nei pressi di altre due località della zona. L'Undof conta circa 1.200 effettivi appartenenti a sei Paesi diversi (India, Fiji, Filippine, Irlanda, Olanda e Nepal) ma le Nazioni Unite non hanno precisato la nazionalità dei soldati coinvolti.
CASCHI BLU FILIPPINI: NON CI ARRENDIAMO - Ribelli siriani hanno circondato 75 caschi blu filippini sulle Alture del Golan, al confine con Israele, e ne hanno chiesto la resa, dopo la cattura ieri di 43 peacekeeper. Ma da Manila, le autorità fanno sapere che i loro soldati sono armati e non hanno alcuna intenzione di cedere alle minacce. Il portavoce dell'esercito filippino, il tenente colonnello Ramon Zagala, ha riferito di essere in costante contatto con i suoi uomini, che sono in buone condizioni e si sono "dimostrati fermi e tenaci nel difendere le postazioni" dopo essere stati circondati dai ribelli siriani del fronte qaedista al-Nusra. "Non hanno consegnato le armi per non finire catturati", ha sottolineato.
"Possiamo usare forza letale nella difesa delle strutture Onu", ha affermato il colonnello Roberto Ancan, enfatizzando che "le nostre truppe sono ben armate, ben addestrate, sono guerrieri peacekeeper ben disciplinati". Intanto, il premier delle Fiji, Voreqe Bainimarama, ha fatto sapere che "sono già stati avviati i negoziati" per liberare i caschi blu finiti ieri nelle mani dei ribelli che hanno preso il controllo del valico di Quneitra sul Golan. "Voglio assicurare alle famiglie dei soldati che stiamo facendo tutto il possibile per assicurare il loro ritorno sani e salvi", ha riferito. Il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha "fermamente condannato" l'assalto, chiedendo "il rilascio immediato e senza condizioni di tutti i peacekeeper catturati".
ISIS HA TORTURATO I PRIGIONIERI OCCIDENTALI CON WATERBOARDING - Lo Stato islamico avrebbe torturato i suoi ostaggi occidentali con la tecnica del waterboarding, la stessa usata dalla Cia sui presunti terroristi arrestati dopo gli attentati dell'11 settembre 2001. Lo riferiscono al Washington Post alcune persone, rimaste anonime, "venute a conoscenza del trattamento dei sequestrati". Secondo le fonti sarebbero almeno quattro i prigionieri occidentali dell'Isis sottoposti "parecchie volte" alla tecnica che consiste nel provocare un apparente annegamento. Tra questi compare anche il giornalista americano James Foley, decapitato dai miliziani jihadisti. Oltre a questo il Washington Post racconta che le fonti sostengono che i prigionieri (compreso Foley) sarebbero detenuti a Raqa, città nel nord della Siria e roccaforte dello Stato islamico. Sempre parlando di Foley le persone citate dal quotidiano di Washington sostengono che "abbia subito molti abusi fisici" durante la prigionia, soprattutto perché i rapitori avevano trovato nel suo computer alcune foto di suoi fratello, un militare dell'esercito americano.
SIRIA, PIU' DI TRE MILIONI DI PROFUGHI - La guerra civile in Siria ha costretto tre milioni di persone a lasciare il Paese, cifra record a cui si aggiungono gli oltre 6,5 milioni di rifugiati interni. Lo rende noto l'Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati (Unhcr), aggiungendo che oltre metà delle persone in fuga sono bambini e che solo nel corso dell'ultimo anno ha lasciato il Paese un milione di siriani. "La crisi in Siria è diventata la più grande emergenza umanitaria della nostra era, tuttavia il mondo non sta affrontando le necessità dei rifugiati e dei Paesi che li stanno accogliendo", ha detto Antonio Guterres, Alto commissario Onu per i rifugiati. La massiccia quantità di siriani in fuga dalla guerra civile ha messo in grave difficoltà anche i Paesi vicini che ricevono i rifugiati, incrementando i timori che le violenze possano diffondersi nella regione. Stando agli ultimi dati, quasi metà dei 23 milioni di abitanti della Siria ha dovuto abbandonare le proprie case dopo l'inizio della guerra, cominciata a marzo 2011. L'Onu stima che quasi 35mila siriani siano in attesa di essere registrati come rifugiati e che centinaia di migliaia di altri non sono invece stati registrati. L'Unhcr e altre organizzazioni umanitarie riportano che le sempre più numerose famiglie in fuga dalla guerra entrano nei Paesi vicini in condizioni estremamente precarie, esauste, terrorizzate e quasi completamente senza risorse finanziarie, essendo state in fuga per lungo tempo. Nella Giordania orientale, riporta come esempio l'Unhcr, i rifugiati che attraversano il deserto pagano 100 dollari a persona ai criminali che li fanno uscire dal Paese. L'Unhcr afferma che in Libano i rifugiati siriani sono 1,14 milioni, la più alta concentrazione fra i Paesi vicini alla Siria, mentre in Turchia sono 815mila e in Giordania 608mila. I governi regionali, riporta l'agenzia, stimano inoltre che centinaia di migliaia di siriani cercano rifugio nei Paesi vicini alla Siria senza registrarsi come rifugiati.
ALTRO VIDEO CHOC: DECAPITATO CURDO- I jihadisti dello Stato islamico hanno pubblicato stamane un nuovo video in cui mostrano la decapitazione di un prigioniero curdo a Mosul, la seconda città irachena in mano ai jihadisti dal maggio scorso. Il filmato è stato pubblicato su Youtube e ricorda il recente video della decapitazione del giornalista americano James Foley. A rafforzare il messaggio, vengono mostrati alcuni "peshmerga" curdi tenuti prigionieri a Ninive che, indossando una tuta arancione tipica dei detenuti di Guantanamo, lanciano un appello al presidente del Kurdistan iracheno, Massud Barzani: "Non lasciate che l'America intervenga nella nostra regione, le nostre vite sono nelle vostre mani, ogni vostro errore o imprudenza porterà alla nostra morte". Gli Usa hanno effettuato un'ondata di raid aerei contro gli jihadisti nel nord dell'Iraq, aiutando le forze curde a recuperare il terreno perduto all'inizio di agosto.
CALIFFO: MILLE EURO E CASA AI COMBATTENTI CHE SI SPOSANO - Circa mille euro al mese più la casa: è quanto promette il 'Califfo' dello Stato islamico (Isis), Abu Bakr al Baghdadi, a tutti i miliziani jihadisti, attualmente presenti in Iraq e Siria, che decidono di sposarsi durante il loro servizio "sulla via del jihad". Lo affermano "fonti affidabili" citate dall'Osservatorio nazionale siriano per i diritti umani in Siria (Ondus), secondo cui a ciascun mujahid dell'Isis che prende moglie il 'Califfo' offre 1.200 dollari più un'abitazione nella terra dello Stato islamico tra la Siria orientale e l'Iraq occidentale.
USA, RAFFORZATA SICUREZZA NEGLI AEROPORTI - Il Dipartimento per la Sicurezza Nazionale ha assunto nelle ultime settimane una "serie di misure per rafforzare la sicurezza aerea negli aeroporti Oltreoceano con voli diretti negli Stati Uniti". Lo rende noto il segretario alla Sicurezza Nazionale, Jen Johnson, in un comunicato in cui ricorda come gli estremisti dell'Isis "hanno mostrato l'intento e la capacità di prendere di mira cittadini americani all'estero e l'Isis rappresenta una minaccia attiva e seria nella regione".