Martedì 23 Luglio 2024
GIAMPAOLO PIOLI
Esteri

Obama, il grande manovratore. Pressing su Biden dietro le quinte: ecco il gruppo che ispira i dem

Domani il vertice del partito. L’ex presidente non ha ancora dato l’endorsement alla candidatura di Harris. Ma anche lui e Pelosi, con i leader del partito al Congresso Schumer e Jeffries, hanno convinto Biden

New York, 23 luglio 2024 – Ci sono sempre. Ma spesso non si vedono. Sono Barack Obama, Nancy Pelosi, Chuck Schumer, il leader democratico del Senato, e Hakeem Jeffries, leader alla Camera. Li chiamano la ’gang dei quattro’. Sono i pilastri del Partito democratico Usa. Qualcuno sostiene anche i padroni. Dietro le quinte hanno fatto molte pressioni, ma mai a viso aperto, affinché Joe Biden si decidesse a lasciare. Fino a ora, però, nessuno di loro, tranne Nancy Pelosi che, ieri sera, è arrivata a dare pubblicamente l’endorsement a Kamala Harris, ha preso posizione. La lotta interna ai dem continua? No, ma questi leader assicurano che si esprimeranno quando "il processo sarà completo, la gente sa che ha la possibilità di partecipare, ci dobbiamo presentare uniti per battere Trump".

Per Kamala Harris è arrivato il sostegno di peso di Nancy Pelosi
Per Kamala Harris è arrivato il sostegno di peso di Nancy Pelosi

I protocolli del partiti si basano su regole, ma non sono una costituzione. Domani, ad esempio, la commissione democratica dovrà indicare se ci sono uno o più candidati per queste ’mini primarie virtuali’ dopo che il presidente Biden ha già indicato Kamala come la sua erede e insieme a lui decine di governatori e leader si sono subito accodati, a partire dal potente caucus nero che esprime la maggioranza del voto femminile.

Obama si è complimentato con Biden per la scelta nobile e onorevole della rinuncia, ma fino a ora non ha speso una parola su Harris. Molti dicono per non condizionare il giudizio degli altri prima del voto digitale che si terrà il primo agosto, in modo da arrivare alla convention con un nuovo ticket pronto ad operare da subito e a ereditare l’enorme macchina elettorale che Biden ha messo in piedi in Delaware con oltre 1.300 persone fra funzionari e volontari.

Anche Schumer e Jeffries si stanno coalizzando in queste ultime ore a favore di Kamala, in attesa anche che Biden domani spieghi al Paese il suo gesto e dia di fatto la totale investitura a Harris. Per ridurre i costi e guadagnare in efficienza nessuno del team Biden verrà licenziato, ma si integrerà semplicemente con gli strateghi della Harris che uniranno le forze alla ricerca anche di nuove strategie. Il grande movimento unitario dei dem dopo le risse furiose e spiacevoli delle scorse settimane, in molti casi espresse anche con frasi offensive nei confronti di Biden, sembra aver ingranato con rapidità e la parola d’ordine adesso è "tutti contro Trump".

Il silenzio di Obama per ora è forse una civetteria di chi si sente in effetti a ragione uno dei padri nobili del partito, ma potrebbe rompere anche lui il riserbo nelle prossime ore, quando sarà più evidente che nessuno ha intenzione di sfidare Kamala e che quindi Harris avrà la strada spianata verso la nomination. Per il suo vice, invece, si sfoglia ancora la margherita. A giudicare dalla lunghezza delle sue telefonate con i governatori papabili, in prima fila sono finiti il moderato Andy Beshear e l’altrettanto moderato Roy Cooper del North Carolina. Se c’è una seconda fila si potrebbero piazzare Josh Shapiro della Pennsylvania, uno degli Stati-chiave, e più distanziato, ma gradito molto da Biden, il governatore della California Gavin Newsom.