Parigi, 8 dicembre 2024 – Quando rintocca di nuovo nella sera il bourdon di Notre-Dame de Paris, la pesante campana che è rimasta muta per 2.063 giorni, tutti si commuovono e alzano gli occhi verso il cielo. È un suono profondo, una vibrazione che porta indietro nei secoli, nel cuore dell’Europa cristiana, lungo gli avvenimenti della Storia. I colpi del batacchio da 500 chili salutarono l’incoronazione di Napoleone e di altri dodici reali di Francia, la fine delle due guerre mondiali, la liberazione dal nazismo, la caduta del muro di Berlino. Imponente, bellissima e severa nel suo rigore gotico, la cattedrale ha resistito a tutto, all’assalto dei rivoluzionari, alle tempeste, ai bombardamenti e allo spaventoso incendio che cinque anni fa minacciò di distruggerla.
Adesso i Grandi del mondo sono qui per la cerimonia, insieme religiosa, laica e culturale, che saluta la sua rinascita dalle ceneri. Ci sono Trump e Zelensky, Elon Musk e Giorgia Meloni, il presidente Macron e il re del Belgio, il principe William d’Inghilterra e Alberto II di Monaco, insieme con una pletora di primi ministri giunti da ogni parte del mondo: oltre 40 Capi di Stato e di governo. "Tutti gli occhi si levarono verso l’alto della chiesa. Quello che vedevano era straordinario", scrisse Victor Hugo nel 1831. Era ancora più vero sabato sera. Tutti erano consapevoli di vivere un momento storico festeggiando il ritorno alla vita di questa chiesa che è l’anima di Parigi e dell’Europa, il simbolo della nostra civiltà, lo specchio che riflette le mille facce della nostra cultura e della nostra identità.
Piove, c’è vento. Uno accanto all’altro sul sagrato, infreddoliti, ci sono Macron, la moglie Brigitte e la sindaca di Parigi Anne Hidalgo. È il momento forse più intenso del rituale. Sono le 19.20 quando l’arcivescovo di Parigi, monsignor Lauren Ulrich, batte tre colpi col bastone pastorale contro i battenti e la porta si spalanca, lasciando uscire le note e la musica del coro, “voce” della chiesa. L’immagine è potente: Notre-Dame, il gioiello gotico, mostra il suo splendore pronta ad una nuova vita. Soggiogata dal suono incredibile dell’organo e delle sue 8mila canne, la folla accalcata sotto le navate altissime che brillano di mille luci Led (anche i monumenti si aggiornano) sembra condividere l’entusiasmo e il forte "choc di speranza" descritto da Macron. Per il presidente francese è un grandissimo successo, non solo perché sotto il suo impulso i lavori sono stati terminati in tempi record, ma perché il parterre internazionale che ha accettato il suo invito – in particolare l’arrivo di Trump e Zelensky, il cui incontro potrebbe aprire una prospettiva di pace – offre un crisma particolare alla cerimonia. Battuto nelle urne e in Parlamento, umiliato da quel 60 per cento di francesi che auspicano le sue dimissioni, Macron ha vinto la scommessa. Il suo breve discorso rende omaggio al lavoro minuzioso, spesso pericoloso, dei duemila artigiani e operai, e all’opera delle mille mani (soprattutto femminili), che hanno ricostruito, consolidato, restaurato, riportando alla gloria iniziale le vetrate, i mosaici, le arcate, la guglia.
Fuori, lungo le arcate della chiesa, le chimere e i mostri medievali (le gargouilles) sorvegliano dall’alto come sempre il via-vai dei mortali: sono la rappresentazione del male e del pericolo; dentro invece, nelle cappelle, le figure dei santi, degli angeli e della Vergine ci parlano del cielo, del bene, dell’amore. Tutto come nove secoli fa. Dello scampato pericolo resta una sola testimonianza: la statua della Pietà, con quel piccolo cumulo di polvere di piombo nella mano del Cristo morto.