Oslo, 15 luglio 2020 - In Norvegia il coronavirus, al contrario delle previsioni, ha mandato sul lastrico le agenzie funebri. In pochi mesi le società che si occupano del caro estinto sono passate da 30 decessi al mese a meno di dieci, e tutto nelle settimane successive al lockdown. Lo strano, si potrebbe pensare, è che neanche uno era passato a miglior vita per complicanze da Covid-19.
A meglio guardare la crisi delle pompe funebri norvegesi sembra essere stata doppia. Infatti per primi i titolari, vedendo le terapie intensive piene, non avrebbero mai pensato di dover ricorrere ad aiuti statali per tenere in vita la propria azienda, e questo per più motivi.
Innanzitutto gli operatori del settore funerario hanno da subito scoperto che le misure restrittive messe in atto per arginare la diffusione della pandemia avevano effetto anche sugli altri virus, ne derivava quindi calo nei decessi. Inoltre la quarantena aveva ridotto la mobilità, e quindi ancora meno morti, come quelli dovuti a incidenti stradali o altre disgrazie. A tutto questo va aggiunto l'annullamento della quasi totalità di cerimonie funebri.
Ne è risultato uno stop totale delle entrate, del lavoro. "Quando sono arrivate le misure contro il coronavirus, si è scoperto che funzionavano anche contro altri virus, al punto che alcune delle persone anziane che in circostanze normali sarebbero decedute sono invece ancora vive", spiega Erik Lande, che sta lottando per salvare l'impresa familiare che si occupa di funerali da tre generazioni.
In Norvegia dall'inizio della pandemia si sono registrati solo 253 decessi, contro i 573mila morti ufficiali al mondo. Il Paese scandinavo, che conta 5,4 milioni di abitanti, è quasi covid free, senza pazienti in terapia intensiva, e solo poche persone ancora ricoverata in ospedale. A conferma di quanto denunciano le agenzie funebri, grazie all'isolamento la mortalità è calata con il coronavirus: a maggio il 6% in meno rispetto a un anno prima e il 13% nel mese di giugno.