Bruxelles, 21 giugno 2019 - Rotolano le teste. I veti incrociati colpiscono inesorabili. Ma un accordo per le nomine Ue non c’è, come ha mostrato la cena tra i 28 capi di Stato e di governo di ieri sera. Tra asparagi verdi con salmone affumicato, filetti di manzo arrosto con rucola e torta di patate, e un dolce di fragole al lime, il summit s’è trascinato in interminabili discussioni notturne finite in un cul de sac. Fonti di Bruxelles parlano di un vertice straordinario, il 30 giugno, per trovare una quadra prima della riunione inaugurale dell’Europarlamento, il 2 luglio, anche se un seconda corrente di pensiero propende per il 3 luglio. Lo scetticismo era nell’aria. "Ieri ero prudentemente ottimista, oggi sono più prudente che ottimista", aveva twittato il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk. "L’accordo è lontano", concordava il presidente dell’Europarlamento, Antonio Tajani. E infatti. La Germania e il Ppe hanno ribadito il loro sostegno incrollabile allo Spitzenkandidat Manfred Weber come presidente della Commissione. Ma su Weber è calato il duplice ‘no’ della Francia – come ha detto Macron ad Angela Merkel – e dei gruppi parlamentari socialista e liberale (che, con il Ppe, saranno parte della nuova maggioranza a Strasburgo), i cui capigruppo non l’appoggeranno.
Il Ppe resta però il maggiore gruppo all’Europarlamento e rivendica per sé la Commissione. La soluzione potrebbe essere un popolare non tedesco. Per questo, stanno emergendo i nomi della presidente croata Kolinda Grabar Kitarovic, del primo ministro croato Andrej Plekovic, e della popolare bulgara, già Commissaria Ue, Kristalina Georgieva. Se così fosse, al Parlamento europeo potrebbe andare il socialista Frans Timmermans, al Consiglio europeo un liberale come il premier olandese Mark Rutte o la liberale danese, Commissario alla Concorrenza, Margrethe Vestager. I tedeschi rinuncerebbero anche alla guida della Bce per il loro Jens Weidmann, ma in cambio piazzerebbero comunque un candidato di fiducia come il finlandese Oli Rehn, che prevarrebbe sul suo connazionale Erkki Liikanen, frustrando le ambizioni francesi di piazzare all’Eurotower il governatore della Banca di Francia, François Villeroy de Galhau. I francesi, già soddisfatti di aver stoppato un tedesco alla guida della Commissione, vorrebbero comunque un loro uomo agli Esteri, probabilmente il centrista Michel Barnier o l’ex premier liberale belga Guy Verhofstadt. Solo ipotesi. Con Germania, Francia e Spagna che si dividerebbero tre commissari economici di peso. E l’Italia? Non è in partita, può puntare al massimo a un commissario economico. Il suo voto andrà a chi offre di più, nella partita delle nomine che contano davvero.