Lunedì 15 Luglio 2024
PIERFRANCESCO DEROBERTIS
Esteri

Il Niger e la partita africana. "Mosca conquista terreno, a rischio la nostra sicurezza. L’Ue faccia fronte comune"

Manciulli (Med-Or): il colpo di Stato a Niamey rischia di essere uno spartiacque. "C’è la regia della Russia che vuole sfruttare i problemi energia e immigrazione. L’Europa superi le divergenze e agisca con strumenti diplomatici e finanziari"

Roma, 2 agosto 2023 – Andrea Manciulli, presidente EuropAtlantica e responsabile relazioni istituzionali Med-Or, quanto dista il Niger dall’Italia?

"Il Niger è vicinissimo. Questo colpo di stato rischia infatti di essere uno spartiacque nella sicurezza del Mediterraneo e dell’Europa perché crea una fascia di influenza russa che va dalla Mauritania fino al Sudan, e spacca in due l’Africa".

C’é Mosca dietro al golpe?

"Il golpe è alla base della strategia russa di destabilizzazione e di ingerenza sulle dinamiche africane, che sono un enorme problema per l’Europa".

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Mosca ha preso le distanze, almeno ufficialmente.

"Mosca ha organizzato e tiene in piedi la Wagner proprio per questo, per fare operazioni senza lasciare le proprie impronte digitali. Ma è evidente che ci sono loro".

Quale è lo scopo del Cremlino?

"Il Niger è un grosso produttore di uranio ed è crocevia dei traffici migratori e terroristici".

Parliamo dell’uranio e dell’energia.

"Come ha scritto ieri su La Stampa Leonardo Bellodi, e sono molto d’accordo, il tema energetico, e in particolare l’uranio, nel Niger è centrale. Come pure nell’altro fronte che Mosca ha aperto da tempo, l’Artico".

Il tema immigrazione ci riguarda da vicino.

"Non ci nascondiamo dietro a un dito: terrorismo e immigrazione, specie quest’ultima, sono fattori fondamentali per la percezione che l’opinione pubblica europea ha della propria sicurezza e stabilità sociale. È qui che Mosca agisce".

Perché proprio in Niger e in genere in centro Africa?

"Attraverso la Wagner nel tempo si è preparato il terreno a una sorta di sollevazione delle popolazioni locali contro l’occidente, facendo leva su alcuni fattori. Ne ho parlato diffusamente anche nell’ultimo saggio che per i tipi della Luiss ho curato insieme a Enrico Casini, ’La guerra tiepida’".

Evidenziamo alcuni di questi fattori.

"Innanzitutto la vicenda climatica, che noi europei consideriamo solo per temporali e grandine, ma che in realtà sta impattando sull’Africa e sul Maghreb in maniera pesantissima. Si stanno prosciugando il lago Ciad e tutti i bacini idrici dell’area del Sahel. Quelle popolazioni vivevano di pastorizia nomade, e così non potendo abbeverare le proprie mandrie sono cadute in situazioni di povertà estrema e di conseguenza diventando mano d’opera privilegiata per l’economia illegale, ossia trafficanti di essere umani e terroristi. Il Niger rischia di trasformarsi nell’hub dell’incurezza europea".

Di qui il malcontento verso la Francia.

"La Francia è vista come l’emblema dell’Occidente. Parigi nel tempo ha fatto molti errori ma adesso è anche la nostra faccia, quindi il problema non è solo francese, ma di tutta l’Europa".

Azzardiamo la domande delle cento pistole: che fare?

"L’Europa capisca al più presto che se tra poco non vuole trovarsi uno scenario come quello ucraino deve dotarsi di strumenti finanziari, diplomatici e militari per affrontare questa situazione".

Finora come si è mosso il governo italiano?

"L’azione che il governo ha intrapreso verso l’Africa è lodevole, l’attenzione riversata dalla premier è un segno di intelligenza politica. Dobbiamo tutti aiutare il governo in questo sforzo, in maniera bipartisan. Anche l’opposizione".

L’opposizione come si è mossa?

"L’opposizione deve comprendere che se ha davvero una cultura democratica non può nascondersi dietro a certe enunciazioni retoriche, ad esempio sul tema immigrazione".

Si riferisce ai migranti morti in mare?

"Sì, certo. Inutile piangere per il barcone che affonda, tutti rimaniamo scioccati di fronte a certe immagini, se poi non ti poni il problema di come stabilizzare l’Africa".

Siamo concreti: l’Europa che va sempre così a briglia sciolta ha concrete speranze di comprendere l’urgenza della situazione?

"L’Europa deve innanzitutto superare le proprie divergenze. Italia, Francia, Spagna e Grecia devono fare fronte comune e mettersi dietro i problemi del passato".

Con la Francia non sempre è andato tutto liscio.

"L’ho già detto: hanno fatto tanti errori in Africa, anche a nostro danno, e penso alla Libia. Ma adesso cullarci su quegli errori non aiuta a risolvere la crisi. Noi giustamente non tolleriamo che i francesi considerino l’immigrazione un problema solo nostro, ma dobbiamo renderci conto che la stabilità del Sahel non è un problema solo francese".

Che cosa serve per stabilizzare l’Africa?

"Servono fondi strutturali dedicati, serve una prospettiva economica per chi vuole investire lì, e per quelli che lì vogliono crescere nella legalità. Se non vogliamo che l’Africa sia un problema dobbiamo pensare che sia un’opportunità".

Non è un percorso facile.

"Per niente, ma è l’unico possibile. Ricordo qualche settimana fa il discorso che alla Luiss di Roma fece il presidente del Niger, Bazoum, quando disse che non può essere solo la Russia a occuparsi d’Africa, e che loro avevano bisogno di un’Europa più presente. Tutti ad applaudire, ma bisogna che poi quegli applausi non restino solo applausi".