Domenica 2 Febbraio 2025
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Esteri

Netanyahu vola da Trump. Asse anti-Iran e affari con Riad: "Cambiamo la mappa dell’area"

Il premier israeliano in visita alla Casa Bianca, sul tavolo le trattative per la fase due della tregua. Tel Aviv spera di ricevere il sostegno che gli serve per scacciare definitivamente Hamas da Gaza.

Il premier israeliano in visita alla Casa Bianca, sul tavolo le trattative per la fase due della tregua. Tel Aviv spera di ricevere il sostegno che gli serve per scacciare definitivamente Hamas da Gaza.

Il premier israeliano in visita alla Casa Bianca, sul tavolo le trattative per la fase due della tregua. Tel Aviv spera di ricevere il sostegno che gli serve per scacciare definitivamente Hamas da Gaza.

di Aldo BaquisTEL AVIVda due medici personali, necessari per assisterlo da vicino dopo un’operazione alla prostata, Netanyahu è partito ieri col proprio aereo personale per gli Stati Uniti in vista dell’incontro col presidente Donald Trump in cui domani affronterà "questioni di carattere critico per Israele e per la regione". Elencandole alla partenza ha menzionato "la vittoria su Hamas, la liberazione di tutti i nostri ostaggi e il confronto con l’Asse del terrorismo iraniano in tutte le sue componenti". Nel frattempo l’Amministrazione lavora ad un piano che prevede la conclusione della guerra a Gaza e l’avvio di contatti per la normalizzazione delle relazioni fra Israele ed Arabia Saudita, anche in un’ottica di contenimento dell’Iran nella Regione.

Facendo riferimento implicitamente ai colpi assestati negli ultimi mesi a Hamas, agli Hezbollah, agli Houthi nello Yemen e alle difese aeree dell’Iran, Netanyahu ha sostenuto che la guerra "ha già cambiato il volto del Medio Oriente. Lavorando strettamente al fianco di Trump, possiamo ridisegnarlo ancora meglio". Il fatto stesso che lui sia il primo capo di Stato invitato alla Casa Bianca dopo l’insediamento di Trump "conferma la forza della nostra alleanza": una amicizia personale che in passato ha già prodotto "gli storici accordi di Abramo". Trump, peraltro, premerà con Netanyahu per allargare gli accordi di Abramo e avviare la normalizzazione delle relazioni con l’Arabia Saudita, le cui trattative erano state sospese dal 7 ottobre 2023.

Nell’immediato Trump e Netanyahu dovranno esaminare il passaggio dalla Fase 1 alla Fase 2 della tregua, che prevede l’avvio di trattative indirette con Hamas sul completamento del ritiro da Gaza, sulla liberazione di decine di ostaggi e sulla definizione dell’autorità civile incaricata della ricostruzione fisica della Striscia. Sul piano politico interno Netanyahu si trova in un terreno minato che rischia di far vacillare la coalizione di governo. Ieri, mentre era in volo per gli Usa, ministri e deputati del Likud hanno pubblicato un appello dai toni massimalisti in cui hanno invocato "la vittoria a Gaza e la resa definitiva di Hamas. Occorre una smilitarizzazione totale della Striscia". Allineandosi poi con l’estrema destra dei partiti di Smotrich e Ben Gvir, questi dirigenti del Likud hanno anche auspicato che "all’unisono con il presidente Trump si trovino soluzioni umanitarie di insediamento per la gente di Gaza fuori dai confini della Terra d’Israele". Con un ebraico in stile biblico hanno così concluso il loro appello a Netanyahu: "Procedi con tutte le tue forze per salvare il popolo d’Israele".

Ma all’opposto le recenti liberazioni in quattro scaglioni di ostaggi da Gaza hanno rafforzato quanti in Israele scongiurano il premier affinché non interrompa affatto la tregua alla fine della Fase 1, concluda la guerra, e riporti a casa i circa 80 ostaggi che mancano all’appello. Quelli liberati negli ultimi giorni hanno descritto, sia pure in forma succinta, le traumatiche condizioni di detenzione nei tunnel e nelle gabbie di ferro di Hamas, le privazioni di cibo, le pressioni fisiche e mentali. Hanno anche detto di aver trovato in sé la forza di resistere quando sono riusciti a vedere in tv le manifestazioni nelle strade di Israele contro la politica di Netanyahu e in loro sostegno.

Nel frattempo l’esercito è impegnato in una vasta operazione anti-terrorismo nel nord della Cisgiordania. In due settimane di operazioni terrestri afferma di aver eliminato "50 terroristi". La città di Jenin, in particolare, è una polveriera. "Abbiamo perquisito mille edifici per localizzare armi ed esplosivi – ha riferito la radio militare. – Quelli che nascondevano depositi sono stati fatti esplodere. La fonte principale dei mezzi da combattimento: l’Iran".