Venerdì 27 Dicembre 2024
ROBERTO BRUNELLI
Esteri

Netanyahu ricercato, la giurista: “Non è al di sopra della legge”

Lo Stato di Israele non ha aderito alla convenzione che istituisce il tribunale. L’ex procuratrice Arbia: “Ma la Palestina sì e i reati sono stati commessi lì”

Roma, 21 novembre 2024 – Crimini contro l’umanità: i mandati d’arresto che la Corte penale internazionale ha emesso nei confronti di Benjamin Netanyahu, del suo ex ministro della Difesa Yoav Gallant e del leader di Hamas Mohammed Deif ha sollevato una selva di domande che vanno ben oltre il Medio Oriente in fiamme, anche perché trasformano il premier israeliano e gli altri destinatari del provvedimento in ricercati “globali”. Tanto che il presidente dello Stato ebraico Herzog parla di “pagina buia della giustizia” ed alcuni paesi, come Usa e Argentina, respingono con forza la decisione della Cpi.

Karim Khan procuratore capo della Corte penale internazionale dal 2021
Karim Khan procuratore capo della Corte penale internazionale dal 2021

Quando le domande dei mandati furono depositate, nel maggio scorso, tra i tanti la giurista Silvana Arbia – già procuratrice del Tribunale internazionale del Ruanda ed ex cancelliere proprio della Corte penale internazionale – espresse parole molto chiare in proposito: “Esistono norme di diritto internazionale che tutti devono rispettare. Nessuno è al di sopra della legge, indipendentemente dai ruoli istituzionali rivestiti. Anzi, più elevata è l’autorità esercitata, più grave e più estesa è la responsabilità”.

Le questioni cruciali di queste ore riguardano in prima linea due aspetti: se e quanto siano “vincolanti” i mandati per i Paesi che aderiscono alla Corte dell’Aja e la questione dell’imparzialità della Cpi. L’Alto rappresentate dell’Ue per la politica Estera, Josep Borrell, ha messo le mani avanti affermando che “non si tratta di una decisione politica”, di contro lo stesso Netanyahu parla di decisione “antisemita”. Ma il dubbio che affiora nella comunità internazionale così come tra alcuni giuristi è intorno alla questione se applicare o meno la nozione “politica” in un caso in cui i destinatari dei provvedimenti sono così distanti tra loro: Netanyahu e Gallant spesso sono entrati in conflitto sull’intervento militare a Gaza, ovviamente su un fronte del tutto opposto è Hamas. Arbia, sempre lo scorso maggio, poneva la questione dal punto di vista opposto: “Spesso le leadership mondiali appaiono guidate da interessi politici ed economici piuttosto che dall’interesse a porre fine all’impunità di autori di genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra. Né è la prima volta che per proteggere leader di Paesi amici alcuni Stati tentino di svilire il mandato della Corte”.

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Benjamin Netanyahu

Sul tema se sia vincolante la decisione della Cpi, molti osservatori ricordano che oggi sono 123 gli Stati che cedono una parte della sovranità nazionale per quanto riguarda i crimini internazionali di competenza dell’Aja. “Per statuto la Corte è complementare alle giurisdizioni nazionali”, spiega sempre Silvana Arbia.

Ci sono poi i precedenti, tra cui le richieste d’arresto emesse nei confronti di Al Bashir e di Vladimir Putin. E qui entra in gioco il tema dell’imparzialità. “Se la Cpi venisse soltanto percepita come un’istituzione che opera secondo criteri selettivi e, quindi, senza garanzie di imparzialità, con pregiudizio grave per la sua credibilità, si raggiungerebbe lo scopo di coloro che, temendo l’azione della Corte, cercano di portarla al fallimento, giustificando l’uso della forza e la corsa agli armamenti come il solo mezzo per la soluzione dei conflitti”.

Last but not least, la questione se l’Aja sia titolata a giudicare sullo Stato di Israele, dato che questo non aderisce alla convenzione della Cpi. Parlando tempo fa con il Qn, Arbia la spiegò così: “La giurisdizione della Corte penale internazionale per genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra si esercita perché la Palestina ha aderito allo Statuto di Roma dal gennaio 2015 e la giurisdizione della Corte, per i crimini commessi in Palestina o da cittadini palestinesi, decorre dall’aprile 2015. Se le prove raccolte sono ritenute sufficienti, il procuratore può chiedere un mandato di arresto anche contro un primo ministro come Netanyahu: nessuno è al di sopra della legge”.